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di ANTONIO ANGELI Gli Stati Uniti d'America sono la più antica democrazia del pianeta e agli americani piace ricordare spesso questo primato.

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Chisono gli americani? Verrebbe da rispondere che siamo noi, europei, andati via dall'Europa per fare quello che ritenevamo giusto ma che qui non era possibile fare. Libertà, democrazia, liberalismo: tutti concetti osannati nel Vecchio Continente, ma che stanno un po' come dei bei soprammobili sopra un vecchio trumò tarlato. Invece negli Stati Uniti questi concetti li hanno attuati. Grazie a un modo di fare politica pieno di contraddizioni e problemi. Ma che funziona. Ci racconta la politica americana, in un saggio a metà tra il trattato di economia e la dissertazione filosofica, Ennio Caretto, scrittore e giornalista. Con il suo «Se vuoi far l'americano - Come si entra in politica negli Usa, e come la si fa: una lezione per gli italiani», Bibliotheca Albatros, 10 euro, 143 pagine, traccia un disegno preciso della politica d'Oltreoceano. Facendo paragoni impietosi. L'America non è un Paese perfetto, ma, sembra suggerirci Caretto che parte dalla lettera di un imprenditore a un giovane che vuole darsi alla politica, non è perfetta nemmeno la democrazia. L'America ha un sistema che parte da una serie di contraddizioni a partire da quelle contenute nella Costituzione. Contraddizioni a parte (alcune anche decisamente palesi), sembra che i padri fondatori si siano preoccupati più di creare qualcosa che funzioni, anche nei momenti difficili (come nel testa a testa nel 2000 tra Bush junior e Al Gore) piuttosto che qualcosa di decisamente democratico. Ma gli americani non hanno avuto una prima, una seconda e nemmeno una terza Repubblica. La loro è la più antica democrazia del mondo e tale se la sono tenuta. Nemmeno la Guerra di Secessione ha cambiato il sistema. Caretto sostiene che l'Italia ha parecchio da imparare dal sistema americano e ha ragione da vendere. Il paragone tra i due Pesi e le due politiche diventa impietoso quando appare chiaro che quella democrazia, pur nelle sue contraddizioni e nei suoi difetti, funziona. La nostra, in certi casi, non funziona e basta. E questo appare evidente quando si parla di accesso alla politica. Sì, ci avverte l'autore, osservatore privilegiato, corrispondente del Corriere da Washington, il livello di partecipazione alla politica negli Usa è basso. Da loro l'affluenza alle urne è a livelli talmente bassi che da noi sarebbero inaccettabili. Poi le lobby economiche hanno un peso enorme e per fare politica servono fiumi di denaro che, spesso, solo queste lobby possono assicurare. Ma è possibile per un candidato mettersi contro le logiche del partito. E vincere. Il loro e il nostro sistema hanno delle parole in comune: bipartitismo, primarie, alternanza. Ma da noi questi termini hanno un significato evanescente, sfumato. Da loro tutto è dinamismo. Quella promessa del sogno americano, quella possibilità per un ragazzino che oggi consegna il latte, di diventare un domani presidente degli Stati Uniti d'America, è ancora viva, attuale e reale. Da noi un ragazzino che consegna il latte si deve tenere stretto il posto tutta la vita perché, se lo perde, probabilmente non troverà più lavoro. E questa, di sicuro, non è democrazia.

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