Tintarella sotto casa. Di Nerone
diLIDIA LOMBARDI Al tramonto il faro, che guarda il sole dalla costa alta, più che bianco è abbagliante. Su viale della Fanciulla di Anzio, che conduce al porto, appena un refolo muove le palme. E dà fiato alla processione di ragazzi con l'ombrellone sotto il braccio, di papà con il ragazzino per mano, di signore abbronzate sotto il pareo. Il viavai di bagnanti a fine giornata sale dalla spiaggia, una lunga falce di rena che si stende sotto i palazzetti zeppi di fiori ai balconi, sotto gli scogli, sotto il faro appunto. E sotto i resti di colonne, di muri con l'opus reticulatum e con l'incertum, del prezioso «marmo africano» in frammenti. O rettangoli di laterizio e pietre che segnano sul prato stanze di duemila anni fa. Impluvi, cubicola, triclini, calidaria, horti. Anzio si gode il calar del sole e la villa di Nerone. Resti imponenti di un buen retiro che l'ultimo imperatore della famiglia Giulio Claudia volle magnifico nella cittadina sul pelago, dove era nato. Il gusto per gli otia diventa megalomania. L'imperatore esteta ci mette tutto nella residenza che già, pare, era stata di Ottaviano Augusto. Anzio, la città dei Volsci e poi romana, era del resto un posto perfetto per gli aristocratici che venivano dalla vicina Urbs. Di ville ne avevano costruite una dietro l'altra, sulla riviera che orlava come un merletto la schiuma del mare. Cicerone riposava qui l'impeto della sua eloquenza. Riceveva magnanimo. Luca Canali nella biografia su Augusto appena pubblicata da Bompiani racconta la visita che gli fecero, calvalcando forsennati da Roma, Ottaviano e il fido Agrippa. Una chiacchierata con la quale il furbo pupillo di Giulio Cesare tastava il polso dell'oratore che poteva ostacolarlo nell'irresistibile ascesa al potere. Dunque, Nerone. Una mostra al Colosseo e ai Fori fa luce sulla sua miseria e nobiltà. Ma Anzio parla dell'imperatore innamorato del bello e della poesia. Nel parco archeologico della Villa, recentemente risistemato come un giardino che accoglie gli aromi e le piante antiche - dalla rosa damascena al mirto, all'agnocasto, all'alloro - un padiglione ospita il plastico della reggia estiva. Proprio in faccia alle onde il fronte porticato della biblioteca si estendeva per decine di metri. Addirittura entrava scenograficamente nel mare, che poi lo ha scardinato. Una semiesedra con colonne arrivava fino all'ultima scogliera, al Capo dell'Arco Muto. Dietro, stanze di rappresentanza, il teatro, uno specchio d'acqua ellittico. E verso levante, fino a Capo d'Anzio, la darsena da diporto, per le agili «auguste» imbarcazioni. Et portum operis sumptuosissimi fecit, testimonia Svetonio su Nerone. Fontane, nicchie animate da statue, alberi, uccelli creavano il palazzo-Paradiso che poi Domiziano, Adriano e i Severi continuarono a modificare. Con terme, padiglioni, scalinate, una sorta di basilica. Ora di quella magnificenza restano ruderi tanto spogli da apparire arcaici. Oltre di loro sconfina lo sguardo verso l'azzurro. E a ponente, in direzione di Roma, ritrova Tor Caldara e Tor San Lorenzo, presidi contro gli sbarchi di pirati e nel 1944 approdi degli Alleati nel lungo D-day italiano. Resta la levigata Fanciulla di Anzio, la candida statua ritrovata nel 1878 e ora conservata al Museo Nazionale Romano. Restano oggetti, suppellettili, reperti architettonici sistemati nel suggestivo museo archeologico della cittadina, nel palazzetto liberty di Villa Adele. Fa effetto guardare la dimora imperiale dalla spiaggia, «schiacciati» dalla roccia e dai terrazzamenti che una volta erano di marmo bianco. Si nuota, ci si tuffa e si immagina come potessero essere gli otia dei nostri antenati. Da oggi e fino al 13 agosto, poi, l'immaginario s'arricchisce di visite guidate no-stop dalle 18 al tramonto e da una rassegna di film organizzata da Patrizio Colantuono, presidente della Pro Loco Porto d'Anzio e curatore di una mostra di foto sui set cinematografici insediati qui, da «Il Vangelo secondo Matteo» a «Quo vadis?» a «Il talento di Mr. Ripley». Anche incontrare l'imperatore si può. Nei giardini del Lungomare di Ponente una rotonda ospita la statua di Nerone, l'unica che una città gli abbia mai dedicato. Perfido o no, i suoi concittadini di oggi non vogliono dimenticarlo.