La voce migrante della letteratura
diMARIA GRAZIA DI BLASIO Una commedia nera in cui il serio e il grottesco, il razionale e l'assurdo, l'amore e la paura descrivono le contraddizioni della società italiana con un linguaggio originale, che imita i «parlati» degli immigrati e degli italiani. È la trama del romanzo «Divorzio all'islamica a Viale Marconi», dello scrittore Amara Lakhous presentato ieri sera sul palco del «Premio Sabaudia Cultura» da Sarina Biraghi, caporedattore centrale de «Il Tempo», e Silvia De Marchi, della casa editrice «Compagnia delle Lettere». Moltissimi gli ospiti e gli spettatori, accolti dal sindaco di Sabaudia Maurizio Lucci e dal direttore artistico del Premio, Luigi Tivelli. «Divorzio all'islamica a Viale Marconi» (192 pagine; edizioni E/O), rientra nella sezione del «Premio Sabaudia Cultura» dedicata alla letteratura migrante, quella raccontata dalle voci di autori stranieri che hanno scelto la lingua italiana per esprimersi. È il caso di Amara Lakhous, nato ad Algeri 41 anni fa ma «romano» di adozione dal 1995. Laureato in filosofia all'Università di Algeri e in antropologia culturale alla Sapienza di Roma, in questa stessa università Lakhous ha conseguito il suo dottorato di ricerca con una tesi dal titolo «Vivere l'Islam in condizione di minoranza. Il caso della prima generazione degli immigrati musulmani arabi in Italia». Nel 1999 ha pubblicato il suo primo romanzo, «Le cimici e il pirata», in versione bilingue arabo/italiano. Con «Divorzio all'islamica a Viale Marconi», tradotto in varie lingue, ha vinto nel 2006 il premio Flaiano per la narrativa e il premio Racalmare – Leonardo Sciascia. Nel maggio 2010 è uscito l'omonimo film, diretto da Isotta Toso. Nel corso della serata lo scrittore ha spiegato al pubblico come è arrivato a scrivere in italiano soffermandosi poi, stimolato dalle domande della giornalista Sarina Biraghi, su alcuni personaggi del suo romanzo. Il dialogo è stato intermezzato dalla performance del percussionista senegalese Moustapha Mbengue. La sezione della letteratura migrante del «Premio Cultura Sabaudia» conclude questa sera (ore 21,15) le sue presentazioni con la scrittrice brasiliana Claudiléia Lemes Dias che proporrà il suo romanzo «Storie di extracomunitaria follia». Gli ultimi appuntamenti con il Premio, poi, porteranno a Sabaudia ancora due grandi scrittori dopo i nomi importanti che hanno caratterizzato la manifestazione. Ultimi in ordine di tempo Giovanni Minoli, che ha dato vita ad un botta e risposta davvero interessante e ricco di argomenti con il direttore de «Il Tempo» Mario Sechi e Pietro Orlandi che ha scritto con Fabrizio Peronaci il libro «Mia sorella Emanuela». Il fratello di Emanuela Orlandi, rapita nel giugno del 1983, e il giornalista del Corriere della Sera hanno indagato il mistero del rapimento della ragazza: un intrigo internazionale che dopo trent'anni non è ancora stato risolto. Pietro Orlandi ha raccontato, tra l'altro, il contenuto del suo colloquio con l'attentatore di papa Wojtyla, Alì Agca, incontrato in Turchia nel 2010 e che ha fornito una versione precisa del sequestro. Il libro vuole dare nuova linfa alla ricerca di Emanuela Orlandi, rivelando le nuove prove che il fratello Pietro ha raccolto nella sua indagine in tutta Europa a partire dalla rilettura degli atti: la pista inglese, le rivelazioni dell'agente segreto «Lupo», i legami con la banda della Magliana, la lettera scritta a papa Ratzinger. Domani, invece, toccherà al giornalista del Corriere della Sera Paolo Conti presentare il suo «101 cose che dovrebbe fare un sindaco di Roma», mentre sabato 6 agosto, a chiudere con stile la rassegna arriverà a Sabaudia Ermanno Rea con il suo «La fabbrica dell'obbedienza. Il lato oscuro e complice degli italiani». Anche quest'anno la cerimonia della premiazione vedrà l'assegnazione di diversi premi: quello del pubblico, quello prestigioso della giuria, presieduta dal giornalista del Corriere della Sera Giovanni Russo, la Medaglia d'argento della Presidenza del Consiglio, e il Premio per la sezione sulla letteratura migrante.