Il vicolo cieco del terrorista rosso

diCARLO ANTINI Da decenni ormai il «caso Battisti» ritorna regolarmente sulle prime pagine dei giornali e suscita accesi dibattiti: in Italia, ma anche in Messico, Francia, Brasile, i Paesi dove il latitante ha trovato rifugio dopo l'evasione dal carcere di Frosinone nel 1981. Per alcuni (come Bernard-Henry Lévy e Fred Vargas, ma anche molti intellettuali italiani), Cesare Battisti è perseguitato dal sistema giudiziario italiano: una vittima della legislazione speciale antiterrorismo e delle delazioni dei pentiti. Per altri è solo un criminale che deve scontare diversi ergastoli per quattro omicidi. Nel suo «Il caso Battisti - Un terrorista omicida o un perseguitato politico?», Giuliano Turone ha voluto fare chiarezza sulla vicenda, uno dei casi giudiziari più lunghi e intricati degli ultimi anni, partendo dall'esame dei 53 faldoni che contengono gli atti dei processi (una decina) contro i «Proletari armati per il comunismo». «Ho pensato di scrivere questo libro - spiega l'autore - perché volevo contribuire, nel mio piccolo, a colmare quella lacuna che aveva segnalato il presidente Napolitano, quando disse che alla nostra cultura è mancato qualcosa per trasmettere e far capire davvero, "anche a Paesi amici vicini e lontani, il senso di ciò che accadde in quegli anni tormentosi del terrorismo"». «Il caso Battisti» racconta le azioni di uno dei gruppi «minori» (ma non per questo meno feroci) della lotta armata degli anni Settanta. Ne ricostruisce le motivazioni ideologiche (a partire dalle posizioni di «Potere operaio»), esaminando i rapporti tra criminalità comune e terrorismo politico. Ripercorre le indagini, rilegge gli atti, discute le sentenze sulla base della legislazione allora vigente e sulla base di quella attuale, anche per quanto riguarda l'uso delle dichiarazioni dei pentiti. Giuliano Turone ha svolto per molti anni l'attività di giudice istruttore, impegnandosi in inchieste di criminalità mafiosa, economica ed eversiva. Tra l'altro, negli anni Settanta, ha istruito il primo processo sulle attività criminali di Cosa Nostra in Lombardia, che ha portato all'arresto del capomafia Luciano Liggio. Successivamente ha condotto insieme a Gherardo Colombo l'inchiesta giudiziaria milanese sulle vicende di Michele Sindona e sull'omicidio Ambrosoli, nel corso della quale vennero scoperti gli elenchi della Loggia Massonica P2. È stato pubblico ministero al Tribunale internazionale dell'Aja per l'ex Jugoslavia e giudice della Corte suprema di Cassazione. Oggi insegna tecniche dell'investigazione all'Università Cattolica di Milano. Ha pubblicato alcuni manuali giuridici, tra cui «Il delitto di associazione mafiosa». Con Gianni Simoni ha pubblicato anche «Il caffè di Sindona. Un finanziere d'avventura tra politica, Vaticano e mafia». Nel suo libro, Turone si rivolge direttamente a Cesare Battisti, chiedendogli «perché mai debba continuare a tenersi questa spada di Damocle sul capo, quando esiste una strada per uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciato. Perché debba obbligare se stesso a tremare quando sente la parola "Italia" in televisione. Perché debba mettersi nella condizione di temere che da un momento all'altro bussi qualcuno alla porta per invitarlo a seguirlo perché le cose sono cambiate». Dietro la parabola del controverso terrorista-scrittore, emerge così il clima di una delle pagine più drammatiche della nostra storia. Un passato che continua ancora a pesare molto sul nostro presente, con i suoi conti mai chiusi, con le sue ferite ancora aperte.