La Bohème apre il Festival Puccini
Lesue opere - «Manon Lescaut», «La Bohème», «Tosca» - erano rappresentate nei teatri di tutto il mondo. Le sue eroine facevano battere il cuore, turbavano, stregavano. E dopo che l'Ottocento aveva visto gli uni contro gli altri armati gli alfieri di Wagner e quelli di Verdi, ecco che i sostenitori dell'eccellenza del "Cigno di Busseto" dovevano vedersela con chi replicava in modo "tranchant": no, la musica di Giacomo è "un'altra cosa". Già, ma in che senso era "un'altra cosa"? Probabilmente grazie all'incanto sentimentale che sprigionava, alla capacità seduttiva della melodia, a quell'intreccio di realtà e di sogno, di "documento" e di "sentimento", che la rendevano unica. Ma il bel Giacomo cercava qualcosa di più: un'altra "donna" la cui storia valesse da ulteriore consacrazione. Forse Maria Antonietta, la sventurata regina di Francia, che da anni forniva agli studiosi occasione di fervido dibattito (santa o strega?) e la cui terribile sorte sembrava fatta apposta per coinvolgere in un'onda emozionale un pubblico vasto e variegato? Forse Ma finalmente arriva l'occasione tanto cercata: potente e convincente. Giacomo si trova a Londra per la prima della «Tosca» al Covent Garden e in un altro teatro, il «Duke of York», gli capita di assistere a «Madame Butterfly», un atto unico "firmato" dal drammaturgo americano David Belasco e di grande efficacia anche per il gioco straordinario dei colori e delle immagini, delle luci e degli effetti scenici. La storia ha come protagonista una giapponesina - una geisha - sedotta e abbandonata da un ufficiale della Marina Americana e trae spunto dalla novella di un avvocato yankee, John Luther Long, il quale, a sua volta, si era ispirato al romanzo «Madame Chrsanthème» di Pierre Loti. Ma via via l'intreccio si era arricchito: sentimenti e suggestioni esotiche, sì, ma anche una riflessione su Oriente e Occidente, sui nuovi dominatori del mondo che spadroneggiano e strapazzano, sulle donne e sullo stile eroico di cui riescono a dar prova di fronte all'onta dell'inganno e del tradimento. Ora, è possibile una stagione lirica nella Torre del Lago, eletta a "dimora filosofale" da Giacomo Puccini, senza una rappresentazione della «Butterfly»? No, non è possibile: ed infatti anche questa estate (6-11-18 agosto) vedrà sul palcoscenico del Gran Teatro all'Aperto la "bimba dagli occhi pieni di malìa" in un nuovo allestimento, interamente realizzato in Giappone, e attentissimo alla ricostruzione "filologica" - dunque ai dettagli legati alla tradizione e al costume del Sol Levante - di questa vicenda di amore, tradimento e morte. Ci sarà dunque da discutere sulla nuova (ennesima) versione di un "classico" e già si possono prevedere schiere di "laudatores" e di "detractores". Ma probabilmente a suscitare i maggiori interessi sarà quella che si annuncia come la "novità assoluta del cartellone" e cioè il ritorno, per dir così, alla "madre di tutte le Butterfly", ovvero al testo in prosa di Belasco nella rilettura-rappresentazione ideata da Vania Bonetti, con l'allestimento scenico e i costumi di Angelo Bertini (16-17-19 agosto). L'opera che da sempre ci rapisce e la sua "fonte": due appuntamenti davvero importanti per questo 57° del Festival. Ma non trascuriamo gli altri: «Turandot» (23-29 luglio; 7-13-26 agosto); «Roberto Bolle and Friends» (26 luglio); «La Bohème» (30 luglio; 12-20-27 agosto).