La Prato di Nesi sconfitta dalla Cina
Quest'anticodetto del popolo pratese figura a contrassegno di uno dei capitoli più "innamorati" del malapartiano «Maledetti toscani». Perché Kurt Suckert, in arte Curzio Malaparte, tedesco di padre e lombardo di madre, ma col latte poppato da una balia di Prato, aveva una vera e propria "cotta" per l'Italia, e più che mai per la Toscana, e più che mai ancora per la "sua" Prato. E per il suo popolo, "il più toscano dei toscani". E tale era la venerazione di Curzio per questo pezzo di Toscana da fargli scrivere: «Io son di Prato, m'accontento d'esser di Prato, e se non fossi nato pratese, vorrei non esser venuto al mondo ». Chissà se Edoardo Nesi, vincitore dello Strega 2011, con «Storia della mia gente» (Bompiani), è d'accordo. Noi crediamo di sì, altrimenti come l'avrebbe partorito il suo canto d'amore? È chiaro che l'amore nasce prima di tutto dalle viscere: è l'esplosione del nostro fermentante sottosuolo a produrlo. E anche se un toscano - perfino un tedescaccio/toscanaccio come Malaparte - cerca di prendere le distanze dal sovraccarico umorale, emozionale e passionale, a colpi d'ironia, e magari di sarcasmo, il "fondo" rimane quello di una adorante, fanatica complicità. Rimane quello anche se Nesi viene più di cinquant'anni dopo Malaparte e la sua storia d'italiano e di toscano si impiglia e si accapiglia con un mondo totalmente diverso da quello in cui visse e scrisse l'autore della «Pelle». Figuriamoci. Allora, il "pericolo giallo" era uno degli scenari "fantapolitica" (ma mica poi tanto ) di Benito Mussolini, oggi è una realtà che si vede e che si tocca. Diciamo meglio: non un pericolo ma un dato di fatto, obbiettivo come un cazzotto che ti arriva in piena faccia. Più che mai a Prato, dove il capitalismo familiare, domestico, laborioso che solo fino a pochi anni fa prosperava in vista di chissà quali vette, è stato prima preso d'assalto e poi annichilito da una selvaggia globalizzazione con gli occhi a mandorla. Al diavolo l'imprenditoria pratese e la tradizione di un'industria tessile fiera e austera: la modernità è prima la Cina che ti invade poi la Cina che pezzo dopo pezzo ti prende l'argenteria di casa e tu non sai come difenderti, perché non ti difende nessuno. E allora racconti. Chi eri, com'eri, che cosa significava essere "in quel modo", che cosa è successo. Racconti il tempo perduto e una Prato che non c'è più, che qualcuno toscanamente direbbe che è andata a farsi benedire, qualcun altro, sempre toscanamente, che è andata a farsi fottere. Come! Una città toscana, una micro-società con tanta storia dietro, che finisce così! E dove sono i toscani, i pratesi, dov'è la gente vivace e pugnace che per secoli ha insegnato la politica e la cultura al mondo, e si è anche divertita? Non c'è. Il suo "stile" è un'ombra accarezzata dalle passerelle dei politici. Amore? Povera Prato, "fantasma d'amore". Bene, diciamo subito che con la letteratura tessuta di rimembranze e di riflessioni, e con tutti i guizzi di una scrittura capace di trasformare il documento in racconto, non è che le cose si risolvano e che si ponga un freno alla nostra deriva economica, politica, civile. Però, testimoniare vale, eccome! A futura memoria, ti dico: guarda queste erano l'Italia, la Toscana, Prato. Questo è ciò che sono diventate. E la gente legge, la gente vuol sapere. Magari, piano piano cresce. Magari, leggendo, i giovani maturano e si danno da fare per ritrovarlo, il tempo perduto. "Belli" comunque i segnali che ci vengono dallo Strega - l'anno scorso con Pennacchi, quest'anno con Nesi - con queste ricognizioni nelle storie private e pubbliche che provano a ricucire l'Italia, saldando passato e futuro, senza saltare il presente. Il cuore ci batte: sarà buon segno?