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L'occhio sui tesori di Roma

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diVITTORIO SGARBI VILLA ALBANI Per il cardinale Alessandro Albani, nipote di papa Clemente XI e massimo collezionista antiquariale del Settecento romano, Marchionni progetta sulla via Salaria una villa suburbana con ampi giardini, complessa nel succedersi dei vari corpi architettonici che la compongono, ma essenziale nella sobria eleganza dell'edificio principale, su due livelli di eguale altezza, con un portico a serliane in quello inferiore e un uso assai controllato della decorazione in quello superiore, che riprende, da una parte, i modelli residenziali di Bramante e Raffaello, dall'altra i più maestosi palazzi michelangioleschi in Campidoglio. È il segno precoce di un classicismo che sta rinascendo, con lo studio degli antichi che diventa disciplina sempre più analitica e l'ideale greco che ripristina il primato su Roma, sua imitatrice. Non a caso, Villa Albani diventa fondamentale luogo di studio e di lavoro per i due massimi promotori del neoclassicismo, i tedeschi J.J. Winckelmann, studioso, e A.R. Mengs, pittore, coinvolti nelle suggestioni di percorsi interni in cui preziosi resti autentici, facenti parte delle attuali collezioni Torlonia, si mischiavano senza soluzione di continuità a falsi ruderi o a ricostruzioni immaginarie di templi antichi. Diverge assai da Villa Albani un'altra opera notevole del Marchionni, la tarda Sacrestia di San Pietro, commissionata da Pio VI; l'indulgenza nei confronti del barocco, lo stile in cui il Vaticano ancora si riconosceva, gli costano le pesanti critiche dei più moderni, il Milizia in testa. PALAZZO BARBERINI Nell'avvento del nuovo gusto barocco, un luogo decisivo si dimostra la nuova residenza, fra l'asse sistino delle Quattro Fontane e la via Pia (oggi XX Settembre), dei toscani Barberini, protagonisti di un'irresistibile ascesa sociale culminata con l'elezione al soglio papale di Maffeo (Urbano VIII, 1623-1644) (...) La residenza accorpa un precedente edificio di proprietà Sforza, su cui il Maderno imposta un progetto che tende a far coincidere il palazzo di rappresentanza (...) con la villa urbana sul tipo della Farnesina, nel fronte corto a U verso il Quirinale, dietro il quale, preceduti da rampe e piccole corti a ninfeo, si aprono i giardini. Alla morte del Maderno (1629), è un suo giovane parente e assistente, il ticinese Borromini, a sovrintendere il cantiere, lasciando, fra l'altro, una bella scala elicoidale che aggiorna il modello vignolesco di Palazzo Farnese a Caprarola, prima che il tosco-napoletano Bernini ne assumesse la conduzione mentre operava nel contempo a San Pietro per conto di Urbano VIII, avendo alle sue dipendenze anche lo stesso Borromini. In linea di massima, Bernini rispetta il progetto maderniano, ma concentrandosi sul fronte corto, destinato a diventare il principale, insolitamente arioso nel suo porsi come setto di introduzione alla vista dei giardini, con le arcate del portico inferiore (...) che vengono riprese, alleggerite, nel piano nobile e nella loggia panoramica, dove le strombature «schiacciate» attorno alle finestre simulano una profondità inesistente, riprendendo, forse attraverso Borromini (...) espedienti illusivi cari al Bramante più lombardo. Tipicamente berniniane, invece, le concezioni, all'interno, del salone monumentale, ottenuto dall'unificazione di due livelli sovrapposti, della sala ovale, e, a collegare l'ala orientale con i giardini, del ponte «ruinante» (falsamente in rovina), ennesimo sintomo del rapporto (...) che l'autore stabilisce con la natura, ad anticipare vezzi preromantici che ritroveremo, in altra forma, nella settecentesca Villa Albani. Sopra il salone monumentale, Pietro da Cortona dipinge gli affreschi della «Gloria Barberini», vera opera iniziale del barocco italiano.

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