Morgan superstar dei programmi Rai
Ora sarà il caso di riflettere serenamente su quel particolare tipo di droga che si chiama audience. A "Porta a Porta" Morgan si è visto offrire il ritorno a Sanremo, ovviamente fuori gara. Vespa ha rivelato al cantante quel che nell’ambiente si mormorava da ore: cioè che i vertici di Viale Mazzini avrebbero potuto consentirgli di cantare il suo pasticcio sinfonico, intitolato "La sera", dal palco dell’Ariston, davanti a qualche milione di telespettatori. Risposta dell'interessato: «A questo Festival tenevo tanto, ma adesso non me ne frega più niente. Non voglio elemosinarne la partecipazione». Tanto che più tardi il direttore di Raiuno Mazza, per non farsi trovare spiazzato, potrà dire: «Per lui nessuna riammissione, non sappiamo neppure se e con chi lo sostituiremo». Prima, in trasmissione, altra stoccata di un Morgan tutt'altro che confuso: «Mi escludono da Sanremo ma sono invitato da tutti i programmi della Rai. Se sono un modello negativo lo sono sempre, anche dove non canto». Parole sensate: al terzo giorno tutti hanno capito che il cuore della questione sia proprio il veleno dell'audience, più che la coca. Morgan è stato invitato dalla Ventura, da Giletti, ieri era da Vespa e se ne parlava da Sposini. La controindicazione di una sua ospitata dalla Clerici è che al Festival mancano ancora troppi giorni, e a quel punto, in ogni caso, non se ne potrà più della vicenda dell'ex leader dei Bluvertigo. Che intanto ripete: «Non sono un mostro che fa apologia della droga»; assicura di essere stato «frainteso» da chi gli ha carpito l'intervista fatale, e comprensibilmente giura di non volere che sua figlia «subisca la presenza di un padre depresso». Finalino: «Vorrei vivere in un mondo dove i genitori sono liberi da questi problemi e si sanno curare. Sono una persona onesta e pulita nell'anima». Intanto, «socraticamente sono pronto a rispondere per le mie cazzate». Morgan si curerà e certamente uscirà dalla tossicodipendenza. Magari riuscirà perfino a scrivere qualche canzone meno stralunata di quella che avrebbe voluto proporre a Sanremo. Ma la tv non guarirà di certo dalla malattia degli ascolti: semplicemente, se ne frega di farlo. Le basta saltare con le telecamere sopra quest'ennesimo scandalo, riducendolo in frantumi per poi darlo in pasto a chiunque abbia voglia di giudicare. Inquadrato il nuovo mostro (e peccato che Morgan non abbia ammazzato nessuno, sarebbe stato più allettante per gli inserzionisti) la tv intossicata cavalca allegramente la propria amoralità sognando quote aggiuntive di share. Morgan è stato dapprima trattato da appestato, uno da cacciare da tutti gli studi tv della repubblica: poi gli è stato chiesto un pentimento mediatico, infine - prima di chiudere formalmente la questione - la Rai gli ha proposto in via ufficiosa di sfruttare i suoi tre minuti all'Ariston, in modo che gli ascolti volassero verso vette inviolate. Naturalmente, a patto di autoflagellarsi all'infinito, e umiliarsi per una debolezza che riguarda ogni fascia della società: senza scomodare ancora i politici double-face, basterebbe citare certi chirurghi o i piloti degli aerei di linea, che certo hanno qualche responsabilità in più rispetto a una rockstar. Risultato finale: Sanremo si è costruito ad arte il suo spottone preventivo; chi governa ha mostrato la carota dopo il bastone (tattica strumentale, cosa diversa dal perdòno dopo la caccia all'untore), e la campagna antidroga ha acquistato una visibilità inaspettata. Però a questo punto si potrebbe chiudere qui. Come nota sensatamente qualcuno a sinistra (Giuseppe Giulietti di Articolo 21), lo spazio televisivo di questa storia è stato «imbarazzante», tesi peraltro accolta dallo stesso direttore generale della Rai Masi. Qualcun altro a sinistra, meno sensatamente, si spende - con toni accorati - per la riammissione del cantante al Festival, e mica due qualsiasi, ma Livia Turco e Pierluigi Bersani, stufi di pensare giorno e notte ai cassintegrati.Forse sarebbe il caso che tutti, nella Peyton Place dell'ipocrisia politico-televisiva, si battessero con più sostanza per recuperare quei troppi tossicodipendenti che non hanno una canzone da far ascoltare, e che sono già condannati al silenzio e all'emarginazione dalle proprie scelte dissennate. Ma quelli, si sa, non portano audience. Stefano Mannucci