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di CARLO ANTINI Sequenze girate e censurate perché troppo spinte.

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Ilrapporto di Caligola con cinema e letteratura è costellato da ripensamenti, scandali, rinunce e montagne di kitsch. Ma soprattutto da tante, proibitissime luci rosse. Mai come per Gaio Giulio Cesare Germanico detto Caligola la fama fu più galeotta. La sua vita scandita da eros e thanatos, eccessi, crudeltà, adulteri e incesti ha ispirato registi, sceneggiatori, storici e romanzieri cha hanno dato libero sfogo alle fantasie più proibite ed esorcizzato malcelate pruderie. Fino a spingersi oltre, dove il soft-core strizza l'occhio al porno. Sembra quasi di vederle le sale cinematografiche degli anni Ottanta dove, tra un titolo e l'altro, sbucava ogni tanto pure qualche pellicola in costume, che raccontava magari le avventure sessuali del figlio di Agrippina Maggiore e Germanico. Dietro la facciata pseudo-storica si nascondevano, però, pellicole in bilico tra il soft, l'hard e l'horror perverso. Veri e propri kolossal dell'eccesso, pietre miliari del cinema estremo. Come «Caligola, la storia mai raccontata», film diretto da Joe D'Amato nel 1982 con David Brandon e Laura Gemser. Sì, proprio lei, la Emmanuel di tante avventure erotiche vissute tra macchine fotografiche e foreste tropicali. Il film fu bocciato dalla censura per ben tre volte e uscì nelle sale italiane in versione soft derubricato di tutte le sequenze hard per un totale di 39 minuti. Nella sceneggiatura originale era presente anche una sequenza che non fu montata. Si trattava di una dettagliata crocifissione di un gruppo di cristiani. Probabilmente la sequenza non fu girata per la probabile accusa di blasfemia. D'Amato, però, non era tipo da arrendersi facilmente e alcune sequenze censurate finirono in una versione di «Caligola» completamente porno girata qualche anno dopo. Nonostante le difficoltà di distribuzione, «Caligola, la storia mai raccontata» uscì anche negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Francia. La storia del più folle tra gli imperatori romani ha ispirato anche Tinto Brass, vecchio marpione e talent scout del cinema soft-core. È lui il regista di «Io, Caligola», pellicola del '79 con Malcolm McDowell e Helen Mirren. Doveva essere una superproduzione capace di fondere cultura e capitale internazionale. Liti, tagli e sequestri ne fecero, invece, una scombinata sequela di eccessi vagamente ispirati alla realtà storica. Eloquente fu il rifiuto di Charlotte Rampling che declinò l'invito dopo essere stata contattata per un ruolo. A questo punto quasi sfumano le pagine di fuoco scritte da Svetonio nelle «Vite dei Cesari», in cui 9 capitoli sono dedicati a Caligola principe e 39 a Caligola mostro. Un mostro da grande schermo.

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