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Gli alpini marciano come le onde del mare

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Mal'Italia si fa carico di questo e di altri fardelli con lo stesso spirito di accettazione con il quale affronta gli altopiani carsici, gli aspri monti, le nevi instabili e la roccia infida, che impongono fatiche inimmaginabili al suo Esercito. I monti non si piegano: ma l'Italia non è da meno»: queste parole nobili di ammirazione per il nostro Paese portano la firma prestigiosa del premio Nobel Rudyard Kipling. Il «papà» di Kim e del «Libro della giungla» conosceva bene l'Italia e gli italiani e da questa conoscenza aveva tratto un forte legame. Un rapporto nato frequentando gli uomini di uno dei corpi militari italiani più famosi: gli Alpini. Rudyar Kipling racconta della sua avventura al fianco delle Penne Nere nel libro «La guerra nelle montagne. Impressioni dal fronte italiano», edito da Mursia, 124 pagine, 12 euro, curato da Massimo Zamorani che ha inserito nel libro anche una completa storia del corpo degli Alpini dalle origini, nel 1872, ai giorni nostri. «Alpin fa grado», si riconosceva nel Regio esercito, cioè l'alpino era un «qualcosa di più» rispetto agli altri soldati. E questo fu ancor più vero sulle pietraie insanguinate della Prima Guerra mondiale. Kipling, che già aveva ottenuto il premio Nobel per la letteratura nel 1907, proprio all'inizio della Prima Guerra mondiale aveva ricominciato a svolgere l'incarico di corrispondente di guerra, prima sul fronte occidentale, poi su quello italiano. Sicuramente i suoi scritti sottintendono il desiderio inglese di avere buoni rapporti con i preziosi alleati italiani, ma c'è anche la schietta ammirazione per questi soldati duri e generosi che sapevano cavarsela in ogni frangente. «Gli alpini hanno un cappello decorato con una penna d'aquila, ramponi dalle punte letali come le zanne di un lupo, occhi in cui brilla lo sguardo dei nostri aviatori e un modo di camminare sui terreni a loro familiari che ricorda il moto delle onde». A. A.

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