Io, Amico della Domenica
Essoviene assegnato ogni anno, all'inizio dell'estate, sulla base del voto espresso in due tornate da un "corpo elettorale" prestigioso, fatto di alcune centinaia di personaggi di rilievo nella cultura e nella vita del Paese. Si tratta del gruppo degli "Amici della Domenica", che esprime prima una scelta limitata a una rosa di cinque autori e altrettanti libri, quindi un giudizio finale. Io appartengo agli "Amici della Domenica": e non so proprio chi mi abbia fatto entrare in quell'eletta schiera e tanto meno perché. In un contesto di gente stracolta e arcifamosa, sono l'eccezione che conferma la regola. A dire il vero, non ricordo nemmeno più bene quando ho cominciato a far parte di quegli Happy Fews. Dev'essersi trattato di una decina circa di anni or sono. Ma il mio rapporto con lo Strega data da prima. Cominciò nel 1996, quando facevo ancor parte del Consiglio di Amministrazione della Rai (presieduto allora dalla "czarina" Letizia Moratti). Leggendo distrattamente i nomi della "cinquina" di quell'anno, che francamente poco m'interessavano, scorsi con sorpresa un nome che mi pareva noto: Alessandro Barbero. Ce ne sono parecchi che si chiamano così, in Piemonte: il "mio" era un mio giovane collega, più o meno trentacinquenne, allievo di uno dei più grandi medievisti europei, Giovanni Tabacco. Lo conoscevo per aver letto alcune sue cose che mi erano sembrate molto interessanti. Pensai quindi che si trattasse di un suo omonimo, o magari addirittura di un parente. Ma, per scrupoli, gli detti un colpo di telefono: e lui mi confermò di esser proprio quello della "cinquina". Ci era entrato con un ponderosissimo ma divertente romanzo storico-pesudoautobiografico il cui titolo aveva un incipit geniale, mozartiano: Bella vita e guerre altrui con quel che segue. Un'avventura alla Barry Lindon, trascinante e coinvolgente, il cui protagonista è un inquieto e un po' reazionario aristocratico statunitense in grand tour attraverso l'Europa napoleonica. Dicevano che un mammasantissima delle patrie lettere l'aveva scoperto e ne era rimasto letteralmente folgorato. Difatti vinse. Da allora, lo Strega - nel "corpo elettorale attivo" del quale fui presto cooptato, forse grazie allo stesso Barbero - mi ha dato qualche altra soddisfazione. L'ultima, la strepitosa vittoria nel 2010 del capolavoro di Antonio Pennacchi, Canale Mussolini, una Saga dei Forsyte veneto pontina raccontata da uno dei pochi scrittori-operai che sono tali sul serio, e di razza, e che hanno speso vita e salute alla catena di montaggio per arricchire gli altri. Leggete, di Pennacchi, anche Mammut, ode alla classe operaia che non c'è più: la sua descrizione di un ordigno meccanico, la "base conica", rivaleggia con la pagina nella quale Benvenuto Cellini ci racconta la febbrile fusione del suo Perseo. Con Pennacchi, pochi mesi fa, ho condiviso l'avventura della campagna eletorale amministrativa nella sua Latina, in una lista "fascio comunista" che non è arrivata all'1%. Abbiamo così dato prova di non essere né nani, né ballerine. Resterò tra gli "Amici della Domenica"? Non so: forse mi cacceranno. Qualche titolo per starci ce l'ho: in fondo ho pubblicato libri con editori importanti e ho preso a mia volta qualche premio. Non prestigioso come lo Strega, ma nemmeno di serie D. Il fatto è che ho manifestato in qualche inervista del malumore per come ci costringono a lavorare. Dovrebbero darci alcuni mesi per leggere con calma qualche decina di volumi, e l'ideale sarebbe che ce li mandassero privi dei nomi degli autori e degli editori. Invece non solo sono targati, ma vengono regolarmente accompagnati da affannose e qualche volta imbarazzanti lettere o telefonate dei concorrenti o dei direttori megagalattici di case editrici che, per il resto dell'anno, non ti degnano nemmeno di un'occhiata distratta. Non so se mi perdoneranno per aver espresso a voce alta il mio disagio. Vabbè, direte voi: è questa l'Italia, siam fatti così noialtri italiani. Dal canto mio, confesso di aver sognato a lungo un'Italia diversa, un'Italia prussiana: e magari grazie a Dio se non sono stato esaudito. Eppure, che volete che vi dica, un pochino di riserbo e di stile in più, un briciolo di correttezza, un tantino di lealtà e di rispetto non guasterebbero. Nei premi letterari come per le strade, negli affari, in auto, in treno, nelle aule dei politici e in quelle scolastiche, nei concorsi universitari (soprattutto in quelli...). Forse ci vorrebbe poco. Ed ecco, I have e dream. Sogno uno Strega del futuro in cui gli "Amici della Domenica" leggono e giudicano libri privi del nome dell'autore e dell'editore e votano senza pressioni e senza ricatti. E in cui magari, solo il giorno dopo la vittoria, il megadirettore galattico dell'editrice del premiato ti scrive- a cose fatte a bocce ferme - per ringraziarti di averlo appoggiato a far sì che vincesse il migliore. Chiedo troppo? Forse sì: ma se ci fosse un'Italia di questo tipo, sapete voi quanti problemi si sarebbero risolti e si risolverebbero da soli?