L'attentato a Umberto I dell'anarchico Passannante
Era una domenica speciale quella del 17 novembre 1878. Il treno reale su cui viaggiano Umberto I e la regina Margherita arrivò alla stazione di Napoli nel primo pomeriggio. Il corteo si muoveva tra la folla plaudente, quando improvvisamente saltò sulla carrozza reale «un uomo di sinistro aspetto» che tentò di accoltellare il re al grido di «Viva la Repubblica Universale». Umberto I riportò una scalfittura all'omero sinistro, il ministro Cairoli un taglietto alla coscia, mentre l'attentatore venne circondato dai Corazzieri reali. «Un coltellino buono per tagliare le mele», così fu definita durante il processo l'arma con cui, il miserabile contadino di 29 anni, Giovanni Passannante, colpì il re. Nel suo Paese (Salvia in Lucania che dal giorno dell'attentato venne ribattezzato d'imperio Savoia di Lucania) faceva il domestico in varie famiglie, imparando poi a fare il cuoco. Sapeva leggere e scrivere e alla fine aprì La Trattoria del Popolo dove dava da mangiare gratis e naturalmente fallì. Finché approdò a Napoli per lavoretti saltuari. Per quel graffio al monarca Passannante visse un incubo lungo 32 anni. Rinchiuso prima nelle galere di Portoferraio, con tanto di catena (18 kg) che lo legava al muro, rimase sepolto vivo tra torture e bastonature. Poi, il manicomio (a Montelupo Fiorentino), fino alla morte (a 61 anni il 14 febbraio 1910), mentre un canto popolare inneggiava «Passannante non ti pentire». Come se non bastasse, i suoi resti (cranio e cervello) dal 1936 vennero esposti al Museo criminologico di Roma, fino al 2007. Anno in cui il ministro per i Beni Culturali Francesco Rutelli fece traslare quei resti al cimitero di Savoia di Lucania per una degna sepoltura. La sua tragica storia diventa ora un film, «Passannante», opera prima di Sergio Colabona, con Fabio Troiano, Ulderico Pesce e Andrea Satta, da domani nelle sale distribuito da Mediaplex. Nel cast anche Alberto Lionello, Bebo Storti e Citto Maselli. Al film, nato nel periodo del ritorno in Italia dei Savoia, si è affiancata una raccolta di firme, iniziata da un mese e promossa dal cast, per "cacciare" dal Pantheon le tombe degli ex regnati. «È una nostra battaglia personale, non riteniamo i Savoia padri della patria degni di stare a riposare accanto a personaggi del calibro di Raffaello Sanzio e Annibale Carracci», dicono Pesce (attore, regista e autore che raccoglie le firme sul suo sito) e Andrea Satta, frontman dei Tetes de Bois. In due, con Alessandro De Feo, hanno portato avanti la battaglia dalla fine degli anni '90, vinta poi nel 2007, quando venne tolto dal museo criminologico il cervello di Passannante. Un percorso che Pesce e Satta hanno raccontato nello spettacolo teatrale dedicato all'anarchico e che fa da base al film. «Passannante è un eroe - dice Pesce - È importante ricordarlo soprattutto oggi in un'Italia fatta di tronisti senza talento, dove tutto è corruzione e intrallazzo. Quando Colabona ci ha offerto di fare il film, tremavamo, vista la sua esperienza di regista tv al Grande Fratello. Ma poi tra noi è nato subito un bel rapporto». «Passannante per noi è Carlo Giuliani, Guantanamo, rappresenta chi sta in carcere ingiustamente - aggiunge Satta - È stato torturato e sepolto vivo dai Savoia, capaci di atti come le leggi razziali del '38, la mancata condanna dell'omicidio Matteotti; non fermarono la marcia su Roma, portarono l'Italia alla Seconda Guerra mondiale e scapparono con un ingente bottino. Ora il loro nipote balla in tv e va a cantare sul palco di Sanremo. Speriamo che questo film arrivi anche nelle scuole».