Viva l'Itaglia
«Ho sempre desiderato dipingere. A Parigi, tempo fa, mi sono iscritto a una scuola per imparare la tecnica ad olio. Un giorno, diligente, copio un soggetto. Sento ridere dietro di me. Mi volto per chiedere, poi capisco. Dal pennello mi stava uscendo una caricatura». Giorgio Forattini - 80 anni e i capelli bianchi come l'ultimo Garibaldi - sta sprofondato nella sua poltrona preferita. Il salotto è quello della casa romana, in via Monte Zebio (nella sua città di nascita vive tre giorni la settimana, il resto lo passa a Milano, città dell'infanzia). Ambiente di penombre, abat jours, oggetti pieni di ricordi affastellati con gusto un po' dannunziano. Ma quel che dà il carattere alla stanza sono i quadri alle pareti. Una galleria di ritratti. Visi rococò, barocchi, neoclassici. Signore, dignitari, giovinetti, nobiluomini. Forattini, proprio una mania, questa delle facce. C'ho la fissazione per i ritratti antichi, ne compro ovunque, in Italia e all'estero. Mio figlio quasi non viene più a casa. Dice che non sopporta più di essere guardato. Mica devono essere belli. Devono parlare della vita, della storia. Già, la storia. Di ieri e di oggi. a Roma, sui bus, giganteggia il manifesto della sua rassegna che comincia giovedì. C'è un Garibaldi che impugna la spada. Nell'altra mano ha un paio di forbici, e quasi si sgozza. I tagli di Tremonti, la gloria passata. Per questo la mostra di intitola Viva l'Itaglia. È alla terza tappa, dopo Milano e Aosta. Alemanno mi ha chiesto di portarla a Roma. Ho aggiunto parecchie vignette. Ogni giorno c'è un fatto irresistibile. L'uscita sui ministeri da portare via a Roma, per esempio. Alemanno-Lupa di Roma ulula "Ladro" a Bossi cagnaccio con due ossa in bocca. Per 'sta storia sono incazzatissimo anch'io. La Lega mi sta simpatica, anche se non l'ho mai votata. Bossi lo incontro spesso, e cordialmente, quando viaggio per Milano. Però impuntarsi sui ministeri, tre a Monza e uno a Milano. Demenziale. E Berlusconi che fa il possibilista per tenerselo buono... Poteva risparmiarselo almeno in questo centocinquantesimo anno dall'Unità d'Italia. A Milano lei si è lamentato, anche alla vigilia dell'elezione del sindaco, perché c'è poco verde. Di Roma che dice? Che è la più bella città del mondo. Che hanno fatto intelligenti marciapiedi in pietra, così non ci si pensa più a riempire le buche con l'asfaltaccio. Che è più pulita del capoluogo meneghino. Che però mi disturbano, a piazzale Flaminio, le cartacce buttate dai bancarellai. Dovrebbe pulire chi sporca, non il Comune. Come a piazza San Giovanni dopo il Concertone. Poi c'è il tormentone dei tagli di Tremonti. Ho appena finito una vignetta, un inedito che non sarà esposto. Il ministro dell'Economia ha le forbici per colletto e divide lo Stivale in tre...aliquote: Savoiardi, Papisti, Borbonici. Lei ha portato la satira politica in prima pagina. Ha lavorato a Paese Sera, Repubblica, La Stampa, Il Giornale, il gruppo Quotidiano Nazionale. Perché tanti cambiamenti? Per la censura. Non ho mai fatto una vignetta suggerita da un direttore. Ho sempre scelto il fatto più importante della giornata e inviato il disegno quando si impaginava la prima. Troppe volte non l'hanno pubblicato. "Sai, non è oppurtuno", obiettavano. E io: "Non ve ne faccio un altro, al suo posto metteteci la foto del Direttore. Questa è la mia religione, la libertà. E mi ha rovinato. Nel 2000 mollò la Repubblica, che aveva fondato con Scalfari, dopo la querela di Massimo D'Alema, allora presidente del Consiglio, per una vignetta in cui sbianchettava la lista Mitrokhin. Chiedeva tre miliardi, poi la ritirò. Pensa che il leader di sinistra ora lo rifarebbe? Non lo so. So solo che da allora non mi ha più querelato. Chissà quanti voti ha perso per quella impuntatura. È uno che odia, e non va bene. Di querele ne ha ricevute venti. Tutte da esponenti di sinistra. Eppure io prendo di petto tutti, bipartisan. E allora perché? Perché il progetto della sinistra è la distruzione dell'avversario attraverso l'odio, l'invidia, la menzogna. E la svalorizzazione dell'individuo. A casa propria non si deve aver paura di essere spiati. A casa propria si può andare con le mignotte. Io non lo farei, ma ognuno nel privato sceglie quello che vuole. Il politico si giudica per quello che fa in politica. Berlusconi pensa un po' troppo agli affari suoi, ma il legittimo impedimento è una legge sacrosanta. E poi le tangenti le hanno prese anche a sinistra. Però lei con Berlusconi è buono, non lo storpia troppo, lo fa solo basso. Intanto non l'ho mai sentito parlare con livore. Sì, abbonda in barzellette, ma l'odio mai. E poi come faccio a ridicolizzarlo? È la caricatura di se stesso, con tutti quei denti. Ma è difficile trasformarlo in animale, come Veltroni in bruco. Craxi se l'è immaginato alla Mussolini, Di Pietro pure. Cos'è, la legge del contrappasso? Benito come Bettino veniva da Milano, era stato socialista e direttore dell'Avanti! Craxi poi parlava come il Duce: le stesse pause. Di Pietro è un tribuno. In questo evoca il capo del fascismo. Torniamo alla storia d'Italia. Tutti grandi i padri della Patria? Tutti. Io adoro essere italiano, sentirmi erede del Rinascimento. E del Risorgimento. E non capisco la testardaggine per lo scontro, per la lotta politica cattiva, tra fazioni miserabili. Anche Bersani è della stessa pasta. A Milano sono incappato in un tizio dei centri sociali: ha fatto il gesto di tagliarmi la gola col coltello. Vede, se c'è qualcosa da cambiare è la Costituzione. È troppo intrisa di Resistenza. I fascisti non ci sono più. Però rimangono i comunisti. Succede solo qui.