Petrolio
Partiamoda un dato. Il ruolo primario dei Paesi produttori di petrolio in Medio Oriente non sarà scalfito prima del 2025. Per questo, per capire le reti di rapporti e strategie su scala internazionale, è essenziale lo studio minuzioso della geopolitica del petrolio. Diviene così un vero manuale l'ultima fatica di Giancarlo Elia Valori, docente universitario tra i massimi esperti mondiali di relazioni internazionali. Nel suo «Petrolio - la nuova geopolitica del potere» (edito da excelsior 1881), il professore traccia, come scrive Antonio Maccanico in prefazione, «una analisi accurata dei megatrends che dominano il campo della produzione e consumo dell'energia e dei conflitti di interessi che si determinano, e delle relative alleanze». Valori passa dal ruolo dei Paesi esportatori di petrolio a quello dei nuovi Stati produttori, dalla voluta instabilità politica di alcune nazioni al ruolo della Cina e dell'America Latina, intrecciando dati, rotte, manipolazioni e guerre sotterranee. Del resto per capire le attuali (ma anche le future) mosse sullo scacchiere, bisogna aver chiaro lo scenario. È il caso, ad esempio, del nucleare iraniano. Teheran ha un calo dell'estrazione del greggio pari al 13 per cento ogni anno. Ciò significa, considerando anche il tasso di consumo in aumento, che diverrà un importatore netto entro il 2020. E se la produzione di petrolio è caduta a 3,7 milioni di barili al giorno, la rete atomica iraniana serve, spiega Valori, «a diminuire la quota parte del petrolio che viene assorbita dal mercato interno; diminuire il costo della ristrutturazione dei pozzi; comandare il sistema petrolifero che passa sullo stretto di Hormuz e nell'intero Golfo Persico gestendo crisi temporanee di rifornimento che potrebbero modificare politicamente le quote dei paesi Opec concorrenti a Teheran; proiettare la potenza iraniana in Iraq, nelle aree sciite dell'Asia Centrale, nel quadrante dove operano la Federazione Russa e, in parte, la Cina». Un aspetto, questo, che potrebbe divenire fondamentale anche per il jihad contro «i crociati e gli ebrei». Sì, il jihad economico. Perché «il bottino dell'Islam globale e del suo attuale jihad non statuale è quello del petrolio», da una parte. Dall'altra il petrolio fornisce risorse per combattere l'Islam. Cosa fare (arricchirsi ma continuare a offrire risorse o lasciare a piedi l'Occidente?) dipende solo dalla proporzione tra costo dell'offesa e guadagno atteso. L'obiettivo, in ogni caso, resta colpire gli «infedeli». In quest'ottica, altro aspetto importante nella geopolitica del petrolio è il ruolo di Israele, alle prese con il problema della sicurezza dei rifornimenti. La linea di rifornimento alternativa al Golfo Persico, capace di eludere Teheran, potrebbe essere la Eilat-Asia. Se ciò diventasse realtà lo stato ebraico potrebbe divenire un hub globale del petrolio e del gas. Israele potrebbe assumere il ruolo di un asse tra Mediterraneo, Corno d'Africa e Golfo Persico «per diversificare, proteggere, rendere multilaterali le linee di accesso del petrolio ai mercati e alle pipelines tra Est e Ovest». Non solo. Le strategie sarebbero ancor più ridisegnate quando in Israele andranno a buon fine le possibilità di estrazione sul proprio territorio, gestendo così una forte quota di autonomia energetica e riscrivendo anche i rapporti politico-militari con gli stati confinanti a iniziare dal futuro stato palestinese. Anche in questo senso vanno lette le minacce di Iran, Hezbollah e di tutto il jihad islamico: vogliono evitare che Israele divenga il lato meridionale del triangolo energetico tra Caspio e Turchia. Tutto questo, ma anche le strategie tra riserve reali o presunte, le pipelines, i ruoli di Usa, terrorismo, conflitti e alleanze, Arabia Saudita, Africa, Russia e Cina, è un tassello che forma il puzzle della geopolitica del petrolio. Giancarlo Elia Valori, nel suo ultimo libro che presenterà martedì prossimo nella Sala del Mappamondo a Palazzo Montecitorio, compie la più lucida analisi sui rapporti tra l'oro nero e il potere. Un vero corso di laurea, con accesso illimitato, in 245 pagine.