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IL GIRADISCHIa cura di Stefano Mannucci

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Cisono voluti sette anni per mettere su l'allestimento più costoso della storia (70 milioni di dollari) e a un certo punto sembrava che l'operazione fosse definitivamente naufragata, complici certe impietose stroncature nelle preview per critici e addetti ai lavori. Svegliandosi stamattina, Bono e The Edge avranno accolto con trepidazione le recensioni definitive, dopo che per salvare lo spettacolo - e un budget che era diventato un pozzo succhiasoldi - era stata perfino rimossa, con contrizione del cantante degli U2, la regista Julie Taymor (quella che aveva curato con grande successo "Il Re Leone" e "Across the Universe"), sostituita dai produttori con Philip William McKinley. Ci sono voluti sette anni, dicevamo, costellati da un'infinità di problemi, come l'uscita dal cast di Ewan Rachel Wood, o gli infortuni che hanno decimato ballerini e stuntmen: per questi ultimi, del resto, sono previsti voli e atterraggi in platea, scalate di muri, salti acrobatici, e non sempre gli invisibili fili reggono a dovere. Ma gli U2 ci hanno messo la faccia, e non vogliono perderla: perché qui, aldilà di un mucchio di canzoni scribacchiate nell'ultimo decennio (e si sentono, eccome, gli echi di album come "All that you can't leave behind" o "How to dismantle an atomic bomb") e per qualche motivo non spedite direttamente nel cestino, è in gioco la cifra stessa della iperband irlandese, che in questi anni della post-gioventù ha premuto fortissimamente sul pedale della monumentalità, del "più grande possibile", cavalcando l'autoironia ma non a costo di finire ridicolizzata o triturata dal suo stesso gioco. Pensate al gigantesco "Artiglio" che copriva il palco del recente "360° Tour", una affascinante mostruosità tecnologica, la negazione dell'immediatezza del rock, della sobrietà e dell'urgenza delle radici di un gruppo nato ai tempi del nichilismo punk. Nel tempo, Bono stesso si è trasformato in un personaggio da fumetti, in un supereroe capace di dialogare con il Papa e di mascherarsi da Diavolo, o in uno zelig che vedi spuntare al fianco dei potenti della terra, compunto e sornione, e poi di fare lo smargiasso con Penelope Cruz o Paris Hilton. Una creatura "bigger than life", che non può fare a meno di coltivare sogni impossibili, e di scalare altre vette, quando quella delle classifiche non basta più. E allora eccolo, insieme al chitarrista The Edge, "adottare" l'Uomo Ragno, e rituffarsi nella favolosa inverosimilità dei comics, così come quando avevano contribuito alla colonna sonora di "Batman". Stavolta suonano e cantano poco o niente, i nostri due dublinesi, lasciando la scena e il microfono sopratutto al protagonista del musical, Revee Carney (ammirevole nell'intento di emulare i falsetti e i timbri pastosi della voce di Bono) e all'attrice principale, Jennifer Damiano. C'è poi un'orchestra di venti elementi a condire gli arrangiamenti, come si conviene per un plot di Broadway. E qualcosa di buono, qui e là, si sente: come l'evocativa "Rise Above" o la dinamica "Boy falls from the sky", mentre lo strumentale d'apertura "NY debut" pare un compendio dei riff più classici del navigato The Edge. A dirla tutta, viene la curiosità di ascoltare questi pezzi in versione live, nella formazione a quattro degli U2: e di certo qualche scampolo finirà nel prossimo tour, quando sarà. Perché Bono è gloriosamente testardo come i migliori figli della sua terra, e se la notte scorsa il pubblico di Manhattan avrà fischiato questo suo "figlio", lui lo difenderà con le unghie e con i denti, e ci sfinirà sino a quando non ci avrà convinto della bontà della cosa. Non si diventa la band numero uno al mondo se ci si arrende al primo rovescio. Voto 6,5 su 10

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