Lady Gaga la star che piace agli intellettuali
Sembra ormai sicura la presenza di Lady Gaga sabato sera in qualità di ospite d'onore all'Europride, un appuntamento irrinunciabile per tutte le minoranze sessuali. Certamente una presenza importante, significativa, al di là di ogni logica promozionale. La performer italo-americana - che in fatto di ossessioni e perversioni non è seconda a nessuno - non ama, com'è noto, i percorsi tradizionali, e la sua presenza romana non passerà di certo inosservata. Il suo ultimo disco, «Born this way», pubblicato da due settimane è già in vetta nelle classifiche di 23 Paesi, è stato messo al bando per blasfemia e vilipendio, nei luoghi dove con la religione non si scherza, per esempio in Libano, dove il suo video «Judas» è stato rispedito al mittente. Frasi come «Sono una santa pazza innamorata di Giuda...Gesù è la mia virtù...Giuda il demonio a cui mi aggrappo...». Sicuramente frasi forti, forse scelte ad arte, inutilmente contestate quando il disco (il cui successo dovrebbe salvare le sorti della Universal) è già in orbita e soprattutto non troppo lontane dal pensiero blasfemo di Madonna, quando giustificò la presenza del crocefisso nel suo look sostenendo che «in fondo Gesù è semplicemente un uomo nudo appeso ad una croce». Già. Madonna. Sembra proprio essere la croce di Stefani Joanne Angelina Germanotta, venticinquenne disposta a tutto e già maestra nell'arte della comunicazione. Il suo grande piacere della vita è fare quello che gli altri dicono che non si potrebbe mai fare, ma soprattutto dimostrare di ben conoscere la differenza tra sano scetticismo e vuoto cinismo. Certo, a guadarla, sul palco, nei video o semplicemente in foto, il paragone corre a Madonna, ma la differenza è sostanziale. L'italo-americana del Michigan si è trovata immersa negli anni Ottanta, un decennio a dir poco rutilante, con l'industria discografica che girava a mille, con la nascente video-music e con tante vecchie incrostazioni ideologiche da buttar via. Il gagaismo, al contrario, sembra essere la voce degli emarginati, degli estranei, dei reietti, di tutti i non inseriti. Cioè della maggior parte dei giovani. Dunque il suo pubblico. Madonna era una ragazza di provincia, un po' ignorante, ma con grande fiuto per i trend e il business. Al suo confronto Lady Gaga è un'intellettuale: cita Brecht, Rilke, Thomas Mann. Ma esistono le similitudini: l'alternanza sessuale, il gioco della trasgressione pesante, l'astuto rimescolamento, la capacità di invertire prospettive e ruoli. Pur essendo stata definita dall'autorevole «Forbes» fra le dieci donne dello spettacolo maggiormente influenti (anche guardando il reddito), Lady Gaga dichiara di non essere ricca («La valvola cardiaca per mio padre è una delle poche cose costose che ho acquistato») e addirittura di avere quattro milioni di dollari di debiti. A Madonna non sarebbe mai successo. Stephen Frey, brillante scrittore inglese, l'ha entusiasticamente intervistata per il «Financial Times». Tutto il contrario di Madonna, mai digerita dagli intellettuali. Camille Paglia, femminista-militante, arrivò addirittura a pubblicare un libro sull'«inutilità di Madonna». Infine una considerazione. Madonna, fra mutazioni genetiche e reincarnazioni varie, è riuscita per trent'anni a rimanere popolare e addirittura ad invecchiare con il suo pubblico senza perdere di vista le nuove generazioni, mentre allo stato attuale delle cose, riesce difficile immaginare Lady Gaga in vetta fra vent'anni. Ma non è detta l'ultima parola. Il pubblico avrà sempre bisogno di chi propone esplosioni di passione catartica, di disinibito abbandono al piacere e di arditi rituali liberatori.