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Come andare a quel paese

Frazione del comune di Trequanda, vicino a Siena

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Ma sarà vero che «nomen omen», cioè, come dicevano i latini, che in ogni nome c'è un presagio? C'è da domandarsi allora qual è la caratteristica principale delle gentili abitanti di Gnocca. Ma perché, direte voi, c'è veramente un posto che si chiama «Gnocca»? Certo che c'è: è una frazione di Porto Tolle, in provincia di Rovigo, regione Veneto. E c'è anche: Po di Gnocca, ramo del fiume Po, e ancora: Seghe in provincia di Vicenza, Pugnetto (Torino), Maschio (Savona), Donna (ce ne sono addirittura due: ad Alessandria e a Reggio Calabria) e poi Fighine (Siena), La Ficaccia (Olbia-Tempio) e non poteva mancare Sesso in provincia di Reggio Emilia. S'è incaricato di elencare i luoghi dai nomi più curiosi uno studioso originale: Marino Montanaro, con un esilarante libro: «Va' a quel paese - Guida all'Italia dai nomi strambi (ma veri)», Cairoeditore, 207 pagine, 13 euro. La prima impressione, sfogliando il corposo volumetto, è di stupore: ma possibile che ci siano tanti luoghi dai nomi strani da poterci fare un libro? Certo e al termine del libro ci sono anche un paio di pagine bianche con l'invito dell'autore ad aggiungere tutti quei nomi che lui ha dimenticato. Di quelli, e sono tanti, inseriti nel libro, Montanaro fa una storia curiosa tra il serio e l'ironico: un gioco tra etimi e toponimi, con un piacere creativo e personale nel reinventare veri paesi, borghi, villaggi, borgate e frazioni. Così i luoghi reali, con uno spirito dal sapore felliniano, diventano onirici e surreali. Il paese di Battiferro esiste, così come esiste Incudine e l'autore immagina che siano gemellati, mentre suppone che Quindici, in provincia di Avellino, sia una frazione di Cinquanta (Bologna) che a sua volta è la metà di Cento, dalle parti di Ferrara. Così all'illustrazione del reale si aggiunge il realistico e l'umoristico. I risultati sono inevitabilmente esilaranti, in certi casi sono anche incredibilmente plausibili. «Va' a quel paese» è un po' dizionario, un po' un'opera di controinformazione, un po' un gioco di toponomastica. Un viaggio organizzato sul sentiero dei criteri prima linguistici che geografici, un giro d'Italia fatto non sulla falsariga dei luoghi e delle strade, ma inseguendo il filo logico e anche un po' illogico dei nomi. Allora invece di andare da nord verso sud ci si incammina, ad esempio, nel capitolo delle «Invenzioni e scoperte»: dove, come primo paese, troviamo inevitabilmente Acquacalda (ne abbiamo uno in Sicilia e uno in Calabria), si passa poi per Cervelli, non lontano da Torino, dove sembra che il problema più grave sia quello della fuga: la fuga dei cervelli, appunto. C'è Meridiana, in provincia di Asti, che è un paese molto antico, visto che la meridiana è uno dei primi strumenti inventati per la misurazione del tempo e ci sono anche Cavatassi (in provincia di Teramo), Catalìmita e Escaplano. Ma nessuno sa esattamente a cosa servano questi ultimi due strumenti. Montanaro, tra un Quarto dei Mille e un Quinto al Mare (ma sì, esistono pure questi), si fa una domanda fondamentale: ma come nascono i nomi dei paesi? Chi fa il dono (o condanna) i cittadini di un luogo a portarsi dietro una definizione che, inevitabilmente, diventa un destino? Così scopriamo che un paesino vicino a Brescia, nato attorno ad una fucina da fabbro, alla fine ha preso il nome di Incudine. Resta il dubbio: cosa accade a Godo, in provincia di Ravenna?

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