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Istruzione "non per il profitto"

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Ripensare al valore della formazione umanistica e dell'istruzione in generale oggi significa, analizzando il testo di Martha C. Nussbaum «Non per profitto», Il Mulino, euro 14, fare i conti con un sistema che ha confuso la correlazione tra crescita economica e istruzione come direttamente proporzionale alla quantità di saperi tecnico-pratici, i cosiddetti saperi "utili", impartiti. Questa considerazione è figlia della dicotomia tra questi ed i saperi umanistici, considerati meno congeniali alla logica del profitto e quindi sconsigliabili. Questa convinzione imperversa in tutto l'occidente mettendo a rischio la partecipazione attiva alla democrazia, che presuppone innanzitutto una forte capacità critica e speculativa. La N. ci mette in guardia: le capacità empatiche e simpatetiche necessarie alla socievolezza e alla partecipazione democratica non sono nutrite altro che da quelle discipline filosofico-artistiche-letterarie tanto denigrate e sempre meno finanziate dai governi e dalle istituzioni dedite all'istruzione dei nostri paesi. Passando per la pedagogia e la psicologia per avvalorare la propria tesi attraverso una base scientifico-empirica però, l' autrice ci mostra di essere vittima dello stesso sistema. In ambito accademico statunitense, infatti, da anni non si prende nemmeno in considerazione una qualsiasi tipo di pubblicazione se essa non trova la propria leggittimazione nella scienza. Paradossale è che ciò venga considerato requisito necessario anche quando il metodo applicato ad un determinato discorso è fondamentalmente antiscientista. Una delle pecche dell'autrice sembrerebbe inoltre quella di non conoscere la peculiarità costituita dal liceo classico italiano e di non citarlo fra i suoi modelli di riferimento. Sorprendente dato che esso potrebbe risultare importante proprio in vigore di quella logica inclusiva dei saperi umanistici e tradizionalmente classici della cultura occidentale. È vero però che la N. rileva un trend generalizzato nel quale più che solo l'occidente potremmo annoverare tutto il mondo capitalista; questa mentalità ha particolare incidenza nei paesi in via di sviluppo. L'India che negli ultimi anni ha dovuto cercare di aumentare vertiginosamente il livello di alfabetizzazione generale della propria popolazione, ha scelto spesso il criterio più semplicistico e immediato per farlo: l'insegnamento dei saperi basilari e tecnici o "utili", invece di optare per l'interdisciplinarietà e l'apprendimento attivo. Ciò nonostante pedagoghi del calibro di Tangore, fautore di un modello didattico fondato sullo studio delle arti e delle lettere e sul pensiero critico, modello socratico versione orientale. Certo è che una democrazia equilibrata e ben funzionante non può non avere come contraltare dei cittadini coinvolti nel perimetro pubblico, istruiti e pensanti e non degli idiotes. Qualità che sembrano divenire sempre più rare in un mondo dove, per informarci delle questioni complesse che riguardano le democrazie, non abbiamo altri mezzi che quelli filtrati da esse stesse e perdiamo la consapevolezza che solo un'istruzione contemplante una certa dose di umanesimo ha la capacità di acuire la nostra sensibilità e di stimolare il nostro pensiero critico.

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