Un libro di circa mille pagine incute forse più paura che interesse, più diffidenza che voglia di leggerlo.
Mail volume sui discorsi politici italiani appena pubblicato da Rizzoli per le edizioni BUR, a cura di Gabriele Pedullà, si rivela subito di un intrigante interesse perché consente, attraverso la rassegna e l'analisi politica e letteraria di 61 discorsi, non di più, una lettura molto particolare dei primi 133 anni della storia unitaria d'Italia: 17 in meno dei 150 che stiamo festeggiando in questo 2011. Diciassette sono esattamente gli anni del protagonismo politico di Silvio Berlusconi. Ma non per questo il Cavaliere è rimasto, con la sua oratoria o altro tipo di rapporto con il pubblico, fuori dalla storia raccontataci o ricostruitaci da Pedullà. L'elenco dei discorsi da lui selezionati si chiude proprio con quello televisivo - e cos'altro avrebbe potuto essere per uno come il Cavaliere, l'uomo delle televisione per eccellenza? - pronunciato dall'attuale presidente del Consiglio il 16 gennaio 1994 per annunciare la sua "discesa in campo". Nato solo nel 1972, beato lui, il professore Gabriele Pedullà, che insegna letteratura italiana contemporanea all'Università Roma Tre, non ha avuto la possibilità di sognare nel 1968 la fantasia al potere, come avevano fatto i giovani di allora protestando per le strade di Parigi e diffondendo poi le loro agitazioni anche in Italia, dove purtroppo allignò non una immaginazione festosa ma il terrorismo. Più pacificamente, sapientemente e utilmente il buon Pedullà ha portato "Parole al potere". Che è il felice titolo del libro nato dalle sue ricerche e analisi. Le parole, cioè i discorsi selezionati prima dell'annuncio di Berlusconi, sono quelle, in ordine rigorosamente cronologico, del conte Camillo Benso di Cavour pronunciate a Torino il 25 marzo 1861 su Chiesa e Stato; di Giuseppe Garibaldi, il 18 aprile 1861, sempre a Torino, "in difesa dell'esercito meridionale"; di Giuseppe Ferrari, il 2 dicembre 1861, sempre a Torino, su "Il Sud e il brigantaggio". Seguono i discorsi, sempre in ordine rigorosamente cronologico, di Francesco De Sanctis, Silvio Spaventa, Giosuè Carducci, Agostino Depretis, Marco Minghetti, Antonio Labriola, Francesco Crispi, Giustino Fortunato, Giovanni Giolitti, Gaetano Salvemini, Giovanni Pascoli, Filippo Turati, Gabriele D'Annunzio, Vittorio Emanuele Orlando, don Luigi Sturzo, ancora Gabriele D'Annunzio per lo storico proclama di Fiume del 28 dicembre 1920, e Giacomo Matteotti del 30 maggio 1924 contro le violenze e i brogli elettorali fascisti: un discorso alla Camera che gli avrebbe procurato la morte. E ancora il discorso di Benito Mussolini del 3 gennaio 1925 sul delitto appunto Matteotti e quelli di Giovanni Gentile, Antonio Gramsci, Italo Balbo, Massimo Bontempelli, ancora Mussolini (per la proclamazione dell'Impero il 9 maggio 1936), Carlo Rosselli a Barcellona il 13 novembre 1936 per la lotta alla dittatura franchista "oggi in Spagna, domani in Italia", Pietro Badoglio sull'armistizio dell'8 settembre 1943, ancora Mussolini sulla fondazione della Repubblica Sociale, Benedetto Croce, Palmiro Togliatti. E poi i discorsi di Ferruccio Parri, Alcide De Gasperi, Guglielmo Giannini, Giuseppe Saragat (per la scissione socialdemocratica), Riccardo Lombardi, Giorgio La Pira, Luigi Einaudi, ancora De Gasperi, Giuseppe Dossetti, Giuseppe Di Vittorio, ancora Togliatti, Antonio Giolitti (per l'uscita dal Pci dopo i fatti d'Ungeria del 1956), Aldo Moro, Carlo Levi, Pietro Nenni, Ugo La Malfa, Amintore Fanfani, Giorgio Almirante, Pier Paolo Pasolini (al congresso radicale del 1975), Enrico Berlinguer e Aldo Moro. Di cui è stato selezionato, in particolare, l'ultimo discorso pronunciato prima di essere sequestrato e infine ucciso dalle brigate rosse. L'elenco continua con il non intervento, cioè con la foto di Marco Pannella autoimbavagliato ad una tribuna politica Rai del 18 maggio 1978, il messaggio di fine anno agli italiani dell'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini nel 1979, il discorso di Leonardo Sciascia del 23 gennaio 1980 contro le leggi speciali antiterrorismo, di Bettino Craxi del 17 ottobre 1985 alla Camera, come presidente del Consiglio, sul sequestro della nave Achille Lauro, il messaggio di fine anno 1991 del presidente della Repubblica Francesco Cossiga, l'ultimo del suo mandato. E infine l'intervento di Craxi del 29 aprile 1993 alla Camera sui suoi processi, cui seguirono il giorno dopo le monetine lanciategli addosso da una folla reduce da un comizio di Occhetto. L'elenco è di per sé indicativo delle scelte appropriate dell'autore per darci una rappresentazione compiuta di tanta parte della storia d'Italia con le parole e altre capacità comunicative dei suoi protagonisti. Non vi resta che leggerle con le lenti d'impietoso ingrandimento di un professore che - credetemi - la sa lunga sulle qualità, sui difetti, sui segreti e anche sui trucchi della comunicazione politica.