Salvateci dalla tv estiva
L'estate sta arrivando e la televisione se ne va… in ferie, d'accordo: ma fateci il piacere, salvateci dal palinsesto della tv balneare, da quel mix di vecchi serial ripescati dagli archivi, dalle repliche di successi (e non) della programmazione invernale che fu, dalle versioni on the beach di gare, indovinelli e giochi senza frontiere fuori tempo massimo, dalle declinazioni estive di programmi dell'autunno-inverno che restano (quasi) identici nei format salvo l'aggiunta del suffisso stagionale. Tanto più che quest'anno non ci saranno - a tener svegli gli spettatori - neppure i Mondiali di calcio che, dal lontano Sudafrica, hanno provveduto nel 2010 a mantenere vivaci, senza coazioni a ripetere, i palinsesti dall'11 giugno (data d'inizio) all'11 luglio. Un evento in diretta con uno scopo: vincere i mondiali. L'adrenalina della televisione, in fondo, scaturisce in gran parte dall'essere un canovaccio dal finale aperto. Come nei film. Serve questo - a ben guardarli - pure ai talk show ed agli infotainment che dalla metà di settembre alla vigilia dell'estate costruiscono in fieri la narrazione della politica come una grande soap informativa: il protagonista (solitamente chi sta al Governo, Berlusconi adesso e Prodi quattro anni fa), l'antagonista (l'opposizione), le novità (i responsabili o - che so - ai tempi del Governo Prodi, i senatori a vita i cui voti erano importanti per la maggioranza), gli incidenti di percorso, le promesse non mantenute, le cose che accadono, la gente e le sue speranze. La realtà, in fondo, offre spunti narrativi infiniti, ben più della finzione e ciò spiega, in parte, l'enorme seguito ed il successo dei programmi d'informazione nel 2011. Già i talk, ma d'estate se ne andranno in ferie anche loro e per rivedere i Giovanni Floris, i Michele Santoro, i Gad Lerner (e finanche l'opinione da «Qui Radio Londra» di Giuliano Ferrara) dovremmo aspettare il prossimo settembre, probabilmente inoltrato. Consoliamoci, verrebbe da dire, con i reality. Macché pure il «Grande Fratello» e le «Isole dei famosi» d'estate si fanno la pennichella. A questo punto, ricapitolando: niente calcio, niente talk, niente reality. Proviamo con le fiction. Certo che, a riguardarsi il palinsesto dello scorso anno, quello di agosto - ad esempio - di belle fiction nuove di zecca neanche l'ombra. La televisione, si sa, è un'industria e le fiction hanno un certo costo: perché mandarle d'estate, in prima serata, quando tutti se ne vanno al mare? Possiamo capire l'utilitarismo, Adam Smith del resto ha insegnato a tutti il valore del denaro, ma tra il non fare un investimento cospicuo ed il mandare in onda, in replica, la puntata di una fiction (o di una serie tv) uscita qualche anno prima, beh allora meglio replicare qualcos'altro. Di più vecchio, intendiamo, perché l'antiquariato - in tv - funziona meglio del modernariato. Questa storia dei programmi di una volta deve essere, però, maneggiata con una certa attenzione: insomma non bisogna farsi prendere la mano sennò si rischia l'effetto macchina del tempo e i telespettatori tra l'afa da una parte e la noia dall'altra rischiano di sentirsi negli anni Sessanta quando si spendevano le vecchie lire. Per questo, anche se i palinsesti estivi sono tra le cose più pigre, abitudinarie e difficili da far cambiare, ci permettiamo alcuni modesti consigli per l'estate che verrà. Primo suggerimento. Perché non fare un bel reality a Capri? Il posto, si sa, in luglio e agosto si riempie di vip e personaggi importanti (quest'anno è atteso anche Putin) e basterebbe riprendere on the road la vita isolana per tirar fuori una soap-reality estiva nella cornice, tra l'altro, di un posto magnifico che ha già dato il suo nome ad una fiction della Rai. Certo, non sono più i tempi di Curzio Malaparte e delle scorribande in bicicletta sul tetto della sua villa, ma Capri è sempre Capri. Secondo. Se proprio volete ripescare i vecchi film, beh, perché non prevedere una programmazione di «Tutto Monicelli» (il viareggino Mario, gran regista, purtroppo scomparso di recente). Commedia agra, amara, feroce, la sua ritratto dell'italianità secondo le diverse corde: da «I Soliti Ignoti» ad «Amici miei», passando per un «Borghese piccolo piccolo». Terzo, «Happy days». Lo riprogrammerei, dalla prima all'ultima puntata. Visto che Jovanotti - in un'intervista - lo ha definito "una vaccata" dovrebbe funzionare perché Jovanotti fa il cantante, mica il televisivo. Anche se poi, su Fonzie e compagni, lo stesso Lorenzo Cherubini (Jovanotti) ha precisato: «Nell'intervista di "Sorrisi" intendevo dire che le cose cambiano e non è detto che peggiorino, semplicemente cambiano e si evolvono in direzioni che non sempre sono comprensibili. Oggi, se uscisse un telefilm come Happy Days risulterebbe un po' lento e con poco intreccio, e infatti esistono nuove serie più complesse e strutturate che portano in scena dinamiche sociali e narrative più contemporanee». Quarto, le «Tribune politiche». Rimandarle in onda tutte, almeno quelle del primo decennio dalla prima - era il 1961 - sino al 1970. Come collocazione, subito dopo i telegiornali della sera. Quinto. I faccia a faccia televisivi dell'era Berlusconi. Dal primo, era il 1994, con Achille Occhetto sino a quello con Romano Prodi, era il 2006. Sesto. Prevedere la riprogrammazione di «Non è mai troppo tardi», con il maestro Alberto Manzi. Considerando che in Italia aumenta l'analfabetismo di ritorno (e non solo), una ripassatina all'A B C della nostra lingua farebbe bene. Da programmare dopo le 23, quando fa meno caldo. In fondo, lo diceva pure Totò: «A me la cena fredda, piace calda». Come la tv dell'estate …