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«Premiate l'autore che resiste»

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Nonmi sono programmata autrice per sempre. Insomma, no ai libri per inerzia. Spero solo di avere un motore interno oliato per essere fedele all'ispirazione. Sennò farò altro«. Claudia Durastanti ha 27 anni, è nata a Brooklyn da emigranti dalla Basilicata di seconda generazione, vive a Roma e oggi a Palermo riceve il Premio Mondello Giovani. «Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra» il romanzo, edito da Marsilio, che le ha fruttato l'alloro palermitano. Un libro impastato di Stati Uniti, con sei personaggi che incrociano le proprie storie dell'arco di trent'anni. Giovani venuti nella Grande Mela dalla provincia. Qualcuno sfonda, qualcuno galleggia, altri affondano. Grovigli di sentimenti, gruppi di famiglia in un interno, l'eco del passato nelle canzoni di culto, nei nomi dei personaggi. Come Zelda e Francis, Hopper e Ginger. Claudia dice che no, «non si restringe agli States questo mio libro, fondato più sulla psicologia dei caratteri che su un preciso luogo». E però poi ammette che le sue figure, specie quelle che annegano «raccontano il fallimento in modo grandioso, perché in Usa anche privatissime battaglie sono sempre apocalittiche». In questo lobotomizzarsi nelle vittorie e nelle sconfitte Durastanti regala sincerità ai protagonisti. «Scrivere dell'America mi è servito a curare la nostalgia per il posto dove sono nata e rimasta fino a sette anni. Quando i miei genitori mi hanno riportata in un paese italiano di mille anime, per me è stato un distacco esistenziale. Ho attutito il colpo mitizzando gli States. Scrivere, e ho cominciato a otto anni, è servito a metabolizzare la cesura. E poi leggere... Marinavo la scuola per leggere». Ma ha faticato ha farsi pubblicare? «No. Ho finito il libro nel 2008, dopo averci lavorato quattro anni, e senza neanche un progetto. È questo che lo ha graziato, che gli ha donato spontaneità. Avevo buttato giù storie di ragazzi che dalla periferia vanno in città. Poi le ho incrociate. Ho lasciato il romanzo nel cassetto, temendo il fallimento. Un anno dopo ho avuto il coraggio di inviarlo agli editori. Con Marsilio è andata bene». E del «Mondello» che la porta sul palco anche con Javier Cercas, che pensa? «È arrivato a un anno dall'uscita del libro, così ho avuto il tempo di prendere le distanze. Non voglio essere un feticcio, tipo la scrittrice giovane che pubblica per giovani. Anzi, vorrei si abolissero sia i premi agli esordienti sia quelli alla carriera. Al loro posto, riconoscimenti a chi dura. Sì, ci vuole un premio alla sopravvivenza».

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