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L'Italia minore chiama Napolitano Sarnano, Montefortino e Monte S. Martino tra palazzi affrescati e maestri del '400

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Montefortino,1300 abitanti e una preziosa pinacoteca allestita in una dimora del ramo cadetto dei conti Leopardi. Monte San Martino, 800 abitanti, e una chiesa che a ogni parete ha appeso un polittico rinascimentale. Intorno la corona dei monti Sibillini, cime con ancora qualche lingua di neve e boschi fitti. Terre impastate di storia, di vicende eroiche e pragmatiche di Comuni fiorenti. Terre memori del crogiolo di cultura che portò qui, sei secoli fa - quando la costa adriatica era palude - artisti, commercianti, condottieri, signori. Adesso queste terre restano appartate, fuori dai grandi circuiti turistici. Il loro nome è poco conosciuto fuori dalla province di Ascoli Piceno, di Macerata, del confinante Abruzzo. Anche per questo sono rimaste intatte. Ma sono comunque capaci di sbrigarsela da sole, con guizzi di creatività imprenditoriale. Allora a Il Tempo piace ricordarle al Presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano ha esaltato lo Stivale nelle giornate attorno al 17 marzo, a un secolo e mezzo dalla nascita di questo Paese. La sua popolarità è giustamente cresciuta, per la passione che ha messo nei suoi discorsi ai cittadini, negli incontri con chi dà lustro alla Repubblica. Ci ha fatto volare alto nella consapevolezza della nostra identità proprio nel momento in cui la politica scivolava in basso. Alla mostra che Sarnano ha dedicato a Vittore Crivelli, superbo pittore che ha sempre operato nel triangolo tra Ascoli Piceno, Fermo e Camerino, il Quirinale ha inviato una medaglia di plauso. Ma sarebbe bello se il Capo dello Stato, che nelle scorse settimane ha visitato i luoghi deputati della nascita dell'Italia Unita (Modena e Torino, per esempio) facesse tappa nell'Italia minore, nei piccoli centri che sciorinano meraviglie e le valorizzano senza usurarle con becere kermesse. Sarnano per esempio. Cuore di una fucina culturale, come dimotra la mostra «Vittore Crivelli da Venezia alle Marche: Maestri del Rinascimento nell'Appennino». Allestimento suggestivo nel palazzo del Popolo di Piazza Alta, dopo erte salite tra edifici nel severo stile rinascimentale di queste parti, con i piccoli mattoni a rinserrare mura e facciate, portaletti gotici di chiese armoniose, cortili di case quattrocentesche dove fioriscono oleandri. Nel Palazzo del Popolo (che accoglie pure un bel teatro di primo Novecento, a dire della dedizione di questi cittadini anche alle arti fatte di parole) sono presenti quaranta opere di Vittore e del più famoso fratello Carlo Crivelli. Santi e Madonne dalle vesti sontuose quanto gli sfondi d'oro, e chierici, nobili committenti, frati della cerchia operante attorno ai Crivelli: Luca Di Paolo, Francesco Di Gentile di Fabriano, Lorenzo D'Alessandro, Pietro Alemanno. Si delinea l'intreccio con il potere laico e religioso, l'influenza del francescanesimo, il dibattito filosofico sui dogmi. La mostra rimanda al territorio, lo stesso dove Lorenzo Lotto dipinse l'Annunciazione ora esposta alle Scuderie del Quirinale. E allora un'altra tappa è Monte San Martino, che accoglie i visitatori con un ventoso viale alberato e un arco gotico. Nel 1450 divenne libero Comune, scoprendo la vocazione della vallata come via per i commerci, al punto di esigere un dazio che lo arricchì. La prosperità si squaderna nella chiesa di San Martino. Rifulgono due polittici, uno di Vittore, l'altro di Vittore e Carlo e un trittico di Girolamo di Giovanni. Un organo del Settecento aggiunge meraviglia. La stessa provata da Carlo d'Inghilterra che venne qui nel 1988 e lasciò la sua firma a tutta pagina sul registro conservato in sacrestia. Dove i Sibillini incombono più poderosi, e comincia la gola dell'Infernaccio, un'altra sorpresa. Montefortino possiede una pinacoteca civica di 150 dipinti, donati da Fortunato Duranti, pittore geniale e sfortunato nato qui alla fine del '700. La sua collezione eclettica, con opere del Perugino, di Sabastiano Conca, di Giaquinto è stata sistemata a palazzo Leopardi che il Comune acquistò e restaurò negli anni Ottanta, utilizzando anche fondi comunitari. Altro esempio dell'Italia che funziona.

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