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Roma raccontata a Palazzo Rondanini

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Perla prima volta, le opere d'arte in esso contenute sono state catalogate, e raccolte in un volume, "I marmi antichi del Palazzo Rondinini", a cura di Daniela Candillo e Marina Bertinetti (editore De Luca). Sponsor del volume e della catalogazione sono la Sovrintendenza per i Beni Archeologici di Roma e la Banca Monte Paschi di Siena, proprietaria di Palazzo Rondanini. Nella collezione, non c'è la statua della Pietà di Michelangelo, chiamata proprio Pietà Rondanini, che ora è nel Museo Civico di Milano. Ma ancora oggi ha al suo interno opere d'arte d'ogni genere. Epigrafi latine e greche (una collezione di circa un centinaio di esemplari), marmi settecenteschi, addirittura lastre dell'epoca romana, che rappresentano - secondo il direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci - "una vera e propria storia dell'Impero". Le lapidi sono ancora nelle loro collocazioni. I marchesi Rondanini le acquisivano, e le collocavano all'interno del Palazzo. In questo modo hanno creato una antologia di lapidi romane, di ogni tipo. "Sono circa cento pezzi - racconta Paolucci - iscrizioni sepolcrali in gran parte, solo di rado di certificata provenienza. Parlano di liberti imperiali, di mercanti come nella nota iscrizione dedicata a Licinius Nepos, di militari, eques singulares o pretoriani come il Sarmatius originario della Tracia romana. Sono elogi funebri come la Laudatio Murdiae di età augustea. Dopo il decadimento dei Marchesi Rondanini, molti pezzi sono stati venduti. Come la Medusa ammirata da Goethe, l'Alessandro il Grande amato da Winckelmann, il rilievo bucolico con bovini al pascolo, il ritratto di Bruto il tirannicida furono acquistati da Ludwig di Baviera e si conservano oggi nel Museo di Monaco. Altri pezzi finirono a San Pietroburgo nelle collezioni dello Zar, altri ancora nei Musei Vaticani. Di molti si sono perse le tracce. Ma quello che resta rappresenta una collezione di indubbio valore storico.

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