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Il mito di Dylan nei film

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StudioUniversal («Premium Gallery» sul digitale) racconta uno dei più grandi artisti del secolo passato, Bob Dylan, in occasione del suo 70° compleanno. Ecco quindi il Focus esclusivo prodotto dal Canale e due film, dopodomani dalle 22: «Io non sono qui» e «Pat Garrett e Billy the Kid». È l'anima cinematografica di un mito vivente. Cantautore, compositore ma anche scrittore, poeta, pittore, attore e conduttore radiofonico, Bob Dylan è uno dei più importanti e polivalenti artisti di tutti i tempi. Dylan si cimenta in prima persona in diverse produzioni cinematografiche. È il 1965 e Bob Dylan ha appena pubblicato il suo quinto disco, «Bringing it all back home». La sua popolarità è alle stelle e il suo manager Albert Grossman ha l'idea - abbastanza insolita per quei tempi - di realizzare un intero film su Dylan e su una sua tournée. Sarà così il documentarista Don Pennebaker a dirigere «Don't look back». È subito successo e «Don't look» diventa un cult tanto da portare lo stesso Dylan a realizzare il suo film esordio alla regia, «Eat the document», incentrato sul tour del 1966. Bob Dylan ha contribuito alla colonna sonora di quasi 200 film, interpretando il primo vero ruolo d'attore nel western di Peckinpah, «Pat Garrett e Billy the Kid» (1973), in cui c'era «Knockin' on Heaven's doors». Nel '73 Dylan realizza «Renaldo e Clara». Un altro coraggioso passaggio del rapporto tra Dylan e il cinema, un'esperienza che non si rinnova fino al 1987, quando Dylan decide di recitare in «Hearts of fire» di Richard Marquand. Nell 1989 è nel thriller «Ore contate» di Dennis Hopper mentre nel 2003 veste nei panni della rockstar in «Masked and anonymous» di Larry Charles. Il 2001 è l'anno dell'Oscar: Bob Dylan viene premiato per la miglior canzone originale «Things have changed» dal film «Wonder boys» di Hanson. Il mito di Bob Dylan? Martin Scorsese ha realizzato due documentari, «L'ultimo valzer» e «No direction home: Bob Dylan». Nel 2007 Haynes dirige «Io non sono qui».

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