Bertolucci: «Torno al cinema ma in 3D»
diDINA D'ISA «Habemus Palma», ha detto Bernardo Bertolucci parafrasando il film di Moretti e ricevendo la Palma d'oro alla carriera dal presidente del Festival di Cannes Gilles Jacob. Mentre De Niro aveva gli occhi lucidi. Il regista ha dedicato il premio «a quegli italiani che hanno ancora la forza di indignarsi». Una frase che «non mi ha dato fastidio» ha commentato a caldo subito fuori la sala il ministro per i Beni Culturali Giancarlo Galan, «perchè io sono uno che si indigna, che ha voglia di combattere e di fare battaglie». Parlando dei film nazionali, Bertolucci ha poi sottolineato che questo «è un buon periodo per il nostro cinema, dove c'è un nuovo neorealismo con una identificazione sociale. Penso a Garrone, Sorrentino e a visionari come Crialese», ha concluso omettendo (per dimenticanza?) Nanni Moretti che proprio domani presenterà al festival il suo «Habemus Papam». Inevitabile rievocare la sensualità dei suoi capolavori, primo fra tutti «Ultimo tango a Parigi», un trionfo difficile da vivere, «ha avuto un successo mondiale che ha creato in me quasi un senso di onnipotenza pericoloso. Ma in realtà per quel film devo molto all'interpretazione di Marlon Brando che credo abbia dato il meglio di sé come non mai. A quell'epoca, leggevo molto Bataille, la sessualità è importante per il mio cinema, alcune mie scene ho poi scoperto che le avrebbero voluto girare altri registi, come Nagisa Oshima ("L'Impero dei sensi"). Entrambi abbiamo pensato a una coppia che s'incontra in un luogo chiuso, senza porte né finestre, dove si può immaginare solo l'odore». Bertolucci, dopo aver ricordato la sua esperienza in Cina («la più grande avventura della mia vita»), ha anticipato il suo prossimo film, dopo anni in cui non se la sentiva di affrontare la cinepresa. Tratta dal romanzo «Io e te» di Niccolò Ammaniti e sceneggiata con lo scrittore Umberto Contarello, la pellicola sarà in 3D, «perché sono stato affascinato non solo da "Avatar" ma anche dai lavori in 3D di Herzog e Wenders». Ironizzando, infine, sul suo decadimento fisico, Bertolucci ha detto che «i film sono un po' come il vino, ci sono quelli che invecchiano bene e altri che invece non reggono il tempo che passa. Chissà se c'è una cineteca capace di restaurare oltre che i miei film anche il mio corpo». L'apertura del Festival di Cannes è stata affidata anche al film di Woody Allen, «Midnight in Paris» (tra novembre e dicembre distribuito nelle sale da Medusa) che racconta come a Parigi, di notte, può accadere di tutto. Persino d'imbattersi in Fitzgerald, Dalì, Picasso, Bunuel, Lautrec (che disegna le sue figurine seduto con Degas e Gaugin) o Hemingway, a caccia di emozioni forti. C'è madame Carlà, deliziosa in un piccolo ruolo, e c'è Owen Wilson nei panni dello scrittore naïf di Pasadena, prossimo alle nozze con una donna sexy dell'alta borghesia (Rachel McAdams) che vive al Ritz e fa ogni notte un salto nel passato che adora, la Belle Epoque. Così, Woody sorprende ancora con l'idea di una Ville Lumiere in abiti d'epoca. «Quella che si vede nel film non so se è una Parigi da cartolina, ma è una città da sempre nel mio cuore, sin dal '65, quando ci andai per la prima volta: è una visone soggettiva, non realistica, il mio è un percorso satirico. Guardo al passato pensando che sarebbe stato meglio, invece non c'era nemmeno l'aspirina». Allen è arrivato ieri mattina al Martinez con Soon Yi e il resto della famiglia, ma ha dovuto aspettare nella hall, perché le sue camere non erano ancora disponibili. Poi, al Tg1, ha anticipato che per il suo prossimo film sarà a Roma dal 18 giugno: «S'intitolerà "Bop Decameron", è una mia persona reinterpretazione di Boccaccio. Sono contento di fare un film con Benigni, il primo grande nome che mi viene in mente pensando al cinema italiano di oggi».