I menu del Quirinale
diTIBERIA DE MATTEIS C'è un libro che spalanca le porte del Quirinale alla gente comune, rivelando curiosità, aneddoti e regole di etichetta sul palazzo del potere e sulle trasformazioni dell'ospitalità ufficiale avvenute nel passaggio dalla monarchia alla repubblica. Omaggio all'anniversario dell'unità nazionale dell'Accademia Italiana della Cucina, «I menu del Quirinale» racconta 150 anni di storia del Belpaese attraverso una collezione inedita dei menu dei quattro re d'Italia e degli undici Presidenti della Repubblica. Inventato nel giugno del 1810, il menu segna la storica staffetta fra servizio "alla francese" e "servizio alla russa". Se, infatti, nel sistema definito "alla francese", usato ancora oggi nei pranzi a buffet, tutte le portate sono presentate contemporaneamente agli invitati, in Russia era abitudine offrire le pietanze una per volta in una sequenza stabilita dall'anfitrione, rendendo nel corso del tempo quanto mai indispensabile una lista che informasse i commensali sulla consistenza dell'intero convito. Ed è proprio questo prezioso strumento a testimoniare oggi le tendenze individuali di tutti coloro che hanno governato il nostro Paese. Si apprende, infatti, come i re d'Italia privilegiassero un'ampia varietà di vivande servite, fino a 500 preparazioni culinarie nell'anno, con grande attenzione alle cucine regionali, affiancate a quelle dei Savoia e del Piemonte. Avverso alla mondanità, Vittorio Emanuele II, primo Re italiano, mangiava cosi poco da creare imbarazzo nei commensali e preferiva cibi semplici e rustici, quali la polenta, i formaggi piemontesi e valdostani, i salumi delle Langhe, la lepre e il cinghiale. Anche Umberto I non era incline ai piaceri della buona tavola. Al contrario, la Regina Margherita amava molto i ricevimenti e rese la tavola dei Savoia una delle più celebri d'Europa. La sua popolarità la vide destinataria di innumerevoli pietanze, oltre alla ben nota pizza margherita a lei dedicata. Vittorio Emanuele III, invece, aveva una vera e propria venerazione per il pollo arrosto. Fu proprio durante il suo regno che si è arrivati a una sostanziale assimilazione tra la tavola reale e la tavola borghese. Umberto II, infine, ebbe ben altri pensieri che nulla avevano a che spartire con la gastronomia; per le sue nozze con Maria José del Belgio vennero servite: uova alla Montebello, aligusta con salsa tartara, fagiani allo spiedo con crescioni, insalata fiorentina, gelato alla crema palermitana e la classica torta nuziale. Con Enrico De Nicola prima e Luigi Einaudi poi, i pranzi di Stato erano essenziali e disadorni. Da segnalare che nei menu di Einaudi venivano inseriti spesso i vini di sua produzione: possedeva infatti estesi vigneti a Dogliani, località famosa per il Dolcetto, e una proprietà più piccola a Barolo. Eleganti risultano, invece, i ricevimenti di Gronchi, spesso in viaggio come il suo successore Segni: adottò l'abitudine di armonizzare i cartoncini del menu con il vasellame. Da piemontese autentico, Saragat amava soddisfare il palato: le portate dei pranzi di Stato aumentarono di numero e le vivande servite più di frequente furono i ravioli alla piemontese e le trote, spesso provenienti dalla Valle d'Aosta, regione dove il Presidente era solito trascorrere le vacanze. A partire dagli anni Settanta, con Giovanni Leone al Colle, ai banchetti ufficiali vennero offerte meno portate e soprattutto più leggere. Singolare la quasi totale assenza di specialità napoletane, nonostante l'origine della coppia presidenziale. Sandro Pertini, eletto a 82 anni, non poteva mangiare troppo e il menu iniziava con un brodino leggero, seguito da carni bianche e pesce, in particolare la spigola. Spesso e volentieri però, il vulcanico Presidente mordeva il freno e si faceva giustizia da solo ordinando piatti "proibiti"” e lasciando di stucco i presenti, come dimostra la sua passione per il babà allo zabaione. Poche invece le testimonianze relative ai gusti culinari di Francesco Cossiga. Scalfaro introdusse alcune novità: sulle copertine dei menu a libretto furono riprodotti gli stupendi arazzi vanto del Quirinale, le liste delle vivande furono scritte sia in italiano sia nella lingua dell'ospite, le portate vennero ridotte a tre, un primo, un piatto di carne o di pesce convenientemente guarnito e un dolce leggero. La tavola di Ciampi racconta un modo di mangiare decisamente frugale rispetto ad altri tempi, come viene attestato dal menu della vigilia di Natale 2002: mezze maniche alla melanzana, gallinella bollita, patate, carciofi, zucchine e carote cotte al vapore e dolci natalizi. Infine i menu di Napolitano esaltano il binomio gusto-salute. La "Cucina Grande" del Quirinale è stata completamente restaurata agli inizi degli anni Novanta nel rispetto dei canoni di funzionalità richiesti da una cucina moderna. Separata, per esigenze termiche, è poi la zona destinata alle preparazioni di pasticceria e gelateria, attrezzata con planetaria, pastorizzatore, mantecatore, temperatore, conservatore in negativo, forni. Degno di nota, all'interno della cucina, risulta l'imponente girarrosto in ghisa, risalente probabilmente alla fine dell'Ottocento o ai primissimi anni del Novecento, restaurato e lasciato nella sua collocazione originaria a futura memoria. I fiori che abbelliscono la Sala provengono dai mercati specializzati, dalle serre del Quirinale o, stagione permettendo, dalla tenuta di Castelporziano. Non devono essere eccessivamente profumati per non interferire con gli aromi delle vivande. Si preferiscono i colori rosa, rosso o arancione che meglio s'intonano all'arredo della sala. Gli addobbi floreali vengono sistemati ai piedi dei candelabri di bronzo dorato che ornano la tavola e accesi dieci minuti prima del convito. Il pranzo tra Capi di Stato al Quirinale costituisce, al pari della cerimonia militare all'Altare della Patria, il momento più solenne di ogni visita ufficiale. Prima di sedersi a tavola, i due Capi di Stato si incontrano, alla presenza di pochi intimi, nella Sala del Brustolon per scambiarsi i doni e le onorificenze. Seguono poi le presentazioni ufficiali nella Sala dei Corazzieri, dove tutti gli invitati a tavola, annunciati dal Capo del Servizio del Cerimoniale di Palazzo, sfilano di fronte ai due Capi di Stato e alle loro consorti. Il vero e proprio banchetto, 3 portate per una durata di 45 minuti e un massimo di 120 persone, ha invece luogo nella Sala delle Feste. L'inizio di ogni pranzo viene poi sancito dai brindisi dei due Capi di Stato che vengono distribuiti in traduzione scritta a tutti i commensali. Al termine del convivio, con le rispettive consorti, seguiti dagli invitati, i due Capi di Stato ritornano nel Salone dei Corazzieri, dove vengono serviti caffè e liquori e dove avviene il congedo. La scelta del menu deve assecondare il più possibile i gusti degli ospiti e soprattutto considerare le esigenze dietetiche. Bisogna tener conto inoltre delle prescrizioni religiose: si pensi ai cibi kosher per gli Israeliani o alla assoluta assenza di alcolici sulle mense per i più intransigenti musulmani e delle richieste di vegetariani o celiaci. Non resta che scoprire cosa accadrà per i festeggiamenti del prossimo 2 giugno, Festa della Repubblica, in cui si prevedono oltre un migliaio di invitati!