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L'ultimo guru (dei vip)

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Sai Baba

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Un sant'uomo. Un santone. L'idea di doppio è incarnata alla perfezione in Sathya Sai Baba, il leader spirituale indiano che piace agli induisti e ai musulmani. Una potenza deflagrata in tutto il mondo dagli anni Sessanta. Dieci milioni di seguaci lo osannano come un dio. Investitura di avatar che egli stesso, con sicumera, si era dato nel maggio 1940: «Io reincarno il Dio». Il giorno della Pasqua dei cristiani Sai Baba ha chiuso gli occhi per sempre. E l'India e l'Occidente - quello che subisce la forza ipnotica ed esotica dei guru, quello che immagina di perdersi nella culla consolante dell'Oriente - sono sgomenti. Sai Saba è stato perfetto nella veste di santone che ha indossato 71 anni fa. L'abito arancione e la testa corazzata di capelli neri - un mix tra Jimy Hendrix e Ravi Shantar, il virtuoso del sitar e amico dei Beatles in salsa mistica - ne hanno fatto già nell'aspetto un incantatore. Il messaggio infarcito di sincretismo - insegna ad adorare Dio nelle forme di ogni religione - rassicura e fornisce chiavi di adesione libere da sensi di colpa. Sventola cinque paroline magiche buone per tutti: verità, amore, pace, rettitudine, non violenza. Giurano sui suoi miracoli. Raccontano - il sito Sathya Sai Italia, 40 centri, duemila iscritti, lo definisce «Maestro di Verità» - di levitazioni e apparizioni a distanza. Nelle sue mani - s'affannano i testimoni - si materializzano collane ed anelli, e la sacra cenere Vibhuti. Prove nessuno ne fornisce, e però che effetto quando dalla sua bocca, dopo una predica, usciva il "Limgam", l'uovo d'oro. L'altra faccia di Sai Saba, disegnata dai detrattori, è quella del profittatore, del manipolatore di menti, del mascalzone che spilla soldi agli adepti e commette abusi sessuali, anche sui bambini. Non lo credono i milioni di fedeli che stanno accorrendo a Puttaparthi, il villaggio nel sud dell'India che il santone ha plasmato come il suo regno. Non lo hanno creduto i personaggioni che gli si sono inchinati. Lo fecero George Harrison (ma Lennon ne fu disgustato) e il divo Usa George Segal. A Puttapharti è stata pellegrina Sarah Ferguson, la moglie del principe inglese Andrea, e avrebbe voluto fare lo stesso anche il fratello Carlo. Giura e spergiura sulla santità di Sai Baba Enzo De Caro. «Quando l'ho incontrato - s'infervora l'attore italiano - mi ha detto di portare fuori quel pezzo di scintilla che tutti abbiamo nel cuore. È stato un attivatore di coscienze». Perfino una volpe come Bettino Craxi s'intrigò del leader induista. «Galeotto» fu il fratello del segretario socialista, Antonio, trasmigrato per qualche anno in India e stregato da Sai Baba. «Bettino era scettico, ma quando uscì dal colloquio era pallido. E cambiò modo di pensare», assicura Antonio Craxi. Sarà stato per la profezia di Saba. A Bettino avrebbe detto «Palazzo Chigi sarà tuo». Era il 1986. Il capo del Psi raccontò ai cronisti: «È informatissimo della situazione politica italiana. Mi ha fatto una profezia e lui di solito ci azzecca». Due mesi dopo Craxi sconfessò il «patto di staffetta» a Palazzo Chigi con De Mita e il governo cadde. Potenza di guru. Ha creato un impero stimato tra i 4 e i 12 miliardi di euro. Fanno capo alla sua Fondazione hotel, ospedali, terreni, immobili. In cassaforte serra denaro, lingotti d'oro, gioielli. L'ambiguo indiano non ha designato eredi. Nell'ashram di Puttaparthi s'accapigliano i più stretti collaboratori. Altro che pace e amore.

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