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Giovanni Paolo II: la voce dei poveri

Papa Giovanni Paolo II

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Dare voce a chi non ha voce. Sempre a fianco dei più umili. Tra le missioni fondanti del pontificato di Giovanni Paolo II - forse quella che lo ha reso tanto popolare e lo ha posto per sempre nel cuore del popolo di Dio - c'è la continua cura per la sorte delle donne e degli uomini più sfortunati del pianeta. È questa la ragione per cui, nel suo pellegrinaggio in ogni angolo del mondo, egli ha sovente privilegiato nazioni sperdute, Paesi dimenticati, angoli di terra privi di significato nelle mappe dei potenti, ma flagellati dalla fame, dal bisogno, dalla violenza. Zaire, Congo, Kenya, Ghana, Burkina Faso, Costa d'Avorio; Perù, Ecuador, Venezuela, Trinidad; e poi Uruguay, Bolivia, Perù, Paraguay, Ciad, Mali, Capo Verde… una parte consistente nella immensa geografia della "pastorale itinerante" wojtyliana si concentra nei luoghi in cui la vita è più minacciata. "Io, vescovo di Roma e successore di Pietro, elevo la mia supplice voce, perché non posso tacere quando tanti miei fratelli e sorelle sono minacciati. Mi faccio voce di coloro che non hanno voce, la voce degli innocenti morti perché mancavano loro pane e acqua, la voce di padri e madri che hanno visto i loro figli morire senza comprendere". La preoccupazione di Giovanni Paolo II per gli ultimi della terra è perciò un'inevitabile conseguenza dell'attenzione che il Papa polacco riserva sempre, a Roma come nel mondo, ai temi della difesa della assoluta dignità della vita umana. Stare dalla parte dei deboli significa infatti tutelarli da chi vede nell'uomo uno strumento manipolabile, quasi un oggetto inanimato nelle mani della scienza o della superstizione. Negli anni 90, dopo la caduta del comunismo, il pellegrino dell'assoluto percepisce con chiarezza un pericolo: attraverso la globalizzazione, il modo di pensare dell'Occidente benestante e nichilista rischia di estendersi su tutta la terra, ed esso, in molti dei suoi frutti, è decisamente contrario all'etica cristiana. Lo scrive senza mezzi termini nell'enciclica "Evangelium vitae", del 1995: "Con le nuove prospettive aperte dal progresso scientifico e tecnologico, nascono nuove forme di attentati alla dignità dell'essere umano e si delinea una nuova situazione culturale che conferisce ai delitti contro la vita un aspetto inedito". In simili circostanze, ammonisce Wojtyla, la Chiesa deve assumersi il compito di difende la cultura della vita contro la cultura della morte: "Larghi strati dell'opinione pubblica giustificano alcuni delitti in nome dei diritti, e su tale presupposto pretendono non solo l'impunità ma persino l'autorizzazione da parte dello Stato, per praticarli in assoluta libertà e con l'intervento gratuito delle strutture sanitarie". Come si vede, accanto e in parallelo alla denuncia della fame nel mondo, Giovanni Paolo II lancia la sua condanna dell'aborto e di tutte le pratiche di manipolazione e sterilizzazione della vita: entrambe le piaghe sono il perverso risultato di una concezione anticristiana dell'umanità. Dopo il trionfo sul comunismo, che gli aveva assicurato lo sguardo benevolo e interessato dell'Occidente, ora i potenti del mondo comprendono che Karol Wojtyla sta conducendo un battaglia culturale nel cuore del mondo libero. Ciò comporta che il messaggio della Chiesa recuperi una visibilità pubblica, che non venga ridotto a una opzione intimistica tra le tante, priva di incidenze sociali. A metà degli anni '90 questo contrasto si mostra in tutta la sua evidenza. Alla conferenza Onu del Cairo sulla famiglia, la diplomazia vaticana adotta una linea di insofferenza nei confronti dei documenti approvati e finisce per unirsi ai Paesi musulmani nell'accusa a Stati Uniti e Nazioni Unite di "colonialismo demografico". La stessa battaglia prosegue a Pechino, in occasione della conferenza sulla donna: anche qui sono sottoposte a minaccia le idee di famiglia matrimoniale e di convivenza cristiana. La Chiesa degli anni di Wojtyla non fa altro che battersi nel nome di Cristo: "Siamo il popolo della vita perché Dio, nel suo amore gratuito, ci ha donato il Vangelo della vita". 16 - continua

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