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L'ultima Via Crucis, le ultime parole

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diRODOLFO LORENZONI Venerdì Santo del 2005, Via Crucis al Colosseo. Il rito è officiato dal cardinale Camillo Ruini, i testi delle meditazioni sono stati preparati da Sua Eminenza Joseph Ratzinger. Sugli schermi televisivi di tutto il mondo, e sui maxivideo disseminati fino al Palatino, si materializza la figura di un uomo ripreso sempre di spalle o lateralmente. È Giovanni Paolo II. Inginocchiato e curvo nella sua cappella privata, il duecentossessantaquattresimo Pontefice della Chiesa cattolica segue la cerimonia su uno schermo sistemato di fronte all'altare. Le sue mani tremano, impugna il crocifisso con tutte le forze. Le meditazioni scritte dal futuro Benedetto XVI risuonano: "Fermiamoci davanti a questa immagine di dolore, davanti al Figlio di Dio sofferente, dinanzi al Signore condannato, che non volle usare il suo potere per scendere dalla croce, ma piuttosto sopportò la sofferenza della croce fino alla fine". Tutta la terra, in effetti, si ferma a guardare questa immagine di sofferenza: è l'uomo che ha cambiato il mondo con la forza delle sue parole e dei suoi gesti, e che ora non può più disporre liberamente delle sue parole e dei suoi gesti. Ancora una volta, questa commovente ed estrema incarnazione del dolore si dona al Signore: "Offro le mie sofferenze perché il disegno di Dio si compia e la sua parola cammini tra le genti", questo il messaggio che il Papa polacco intende inviare al mondo e che il cardinale Ruini legge per lui. "Le genti" hanno capito benissimo e hanno deciso di accompagnarlo in tutte le tappe del suo calvario. All'inizio di febbraio viene ricoverato al Gemelli per una laringotracheite acuta: il 6 benedice la folla assiepata sotto la finestra della sua stanza al Policlinico, il 10 viene dimesso e torna in Vaticano. Poi, il 24, una ricaduta, e per la decima volta nel suo pontificato torna al Gemelli. In nottata subisce una tracheotomia con l'inserimento di una cannula che deve aiutarlo a respirare. Quindi, d'accordo con i medici, rientra nel Palazzo Apostolico, dove continua la convalescenza. La domenica delle Palme e il mercoledì successivo si affaccia, benedice e saluta in silenzio la folla; poi un'altra drammatica apparizione il giorno di Pasqua. Stavolta è insieme al cardinale Angelo Sodano: quando giunge il momento della benedizione, muove le labbra ma emette soltanto un lungo sospiro, quindi cerca di salutare con la mano destra e poi rientra. La commozione è enorme, tutti comprendono che l'ora decisiva è vicina. L'ultima apparizione pubblica, così stabilisce la Provvidenza, lo vede a fianco dei ragazzi, assieme a quei giovani che per tutta la vita ha amato e che non lo hanno mai lasciato solo. Provengono dalla diocesi di Milano, il Papa li benedice dalla finestra del Palazzo Apostolico e poi afferra il microfono. Vuole parlare con loro, forse vuole dichiarare ancora il suo affetto, ma dalla sua bocca esce solo un sibilo incomprensibile. La sera del 31 marzo arriva un annuncio che evoca la tristezza di un pesante bollettino medico: Giovanni Paolo II si è aggravato a causa di una forte infezione alle vie urinarie. Migliaia di persone, intanto, continuano a radunarsi nella piazza. Donne, anziani, bambini, uomini comuni: il popolo di Dio non riesce a stare lontano dal "suo" Papa. Facce attonite, volti tesi che sembrano chiedersi: come potrà la nostra vita essere la stessa senza questo Papa? Un nuovo peggioramento e quindi, alle 21,37 del 2 aprile, Karol Wojtyla muore. Poco dopo le 22 monsignor Leonardo Sandri annuncia: "Fratelli e sorelle, il nostro amatissimo Santo Padre Giovanni Paolo II è tornato alla casa del Padre. Preghiamo per lui". Il cardinale Sodano intona il "De profundis" e i fedeli rivolgono lo sguardo a quella finestra da dove tante volte hanno ricevuto la sua benedizione. Comincia il tempo dell'omaggio, i giorni in cui una sterminata fiumana di uomini e donne di tutto il mondo saluterà per l'ultima volta il Papa polacco, fino alle esequie che fisseranno per sempre la sua grandiosa eredità per la Chiesa di Roma. 11-continua

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