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Poker con l'universo

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diANTONIO ANGELI Ma come si fa ad essere tanto ostinati da negare quello che si ha sotto gli occhi? Ci riesce il maggior astrofisico vivente (o almeno passa per tale) Stephen William Hawking, che per buoni trent'anni (fino al 2009) è stato il titolare della cattedra di Matematica dell'Università di Cambridge. Sedeva sulla stessa seggiola, per intenderci, occupata qualche anno prima da Isaac Newton. Hawking, studioso eccezionale, ma anche personaggio ironico dall'irresistibile simpatia, costretto dall'atrofia muscolare a vivere su una sedia a rotelle e a parlare attraverso un computer, è anche uno dei massimi divulgatori scientifici. E mentre tutti i suoi colleghi, avanzando progressivamente nella conoscenza delle leggi fisiche, affermano che è scientificamente inevitabile l'idea di un creatore, insomma di Dio, lui continua a propugnare il più puro ateismo. Tanto che nel suo nuovo libro scritto a quattro mani con Leonard Mlodinow: «Il grande disegno», (Mondadori, 180 pagine, 20 euro) ha voluto mettere il sottotitolo: «Perché non serve Dio per spiegare l'universo». E dai, Stephen, spiegacelo tu! E di certo Hawking, che è anche un gran burlone, non si fa pregare. Non è facile leggere «Il grande disegno», ma Hawking fa di tutto per dare una mano a chi all'astrofisica proprio non dà del tu. Il libro è bellissimo, stampato su una carta lucida luminosa e corredato di splendide illustrazioni e anche di qualche divertente vignetta. Non per niente Mlodinow, il co-autore, oltre ad essere professore di Fisica al California Institute of Technology e autore di più di un bestseller (se non l'avete fatto leggetevi «La passeggiata dell'ubriaco»), è anche uno degli sceneggiatori del famoso telefilm Star Trek. Nel suo libro l'erede di Newton prende per mano il lettore e lo accompagna nella fisica e nella storia della fisica. Il burlone Hawking ammette subito che proprio quel suo predecessore, padre della fisica, in Dio credeva eccome. Ma i tempi sono cambiati. Insomma facendo filosofia lo studioso britannico nato ad Oxford, proprio nelle primissime pagine del libro, sentenzia che «la filosofia è morta» e che oggi alla famosa domanda: «perché esistiamo?» si può e si deve rispondere in termini rigorosamente scientifici. Usando la mano leggera nello spiegare la fisica quantistica, Hawking descrive la nascita e l'evoluzione dell'universo in questo libro che appare logicamente collegato ad altri suoi lavori divulgativi, come «Dal Big Bang ai buchi neri», del 1988 e al bellissimo «L'universo in un guscio di noce» (2001). Hawking, rendendo affascinante la Fisica come solo lui sa fare, passando per Archimede, Tolomeo, Sant'Agostino, Copernico fino a Einstein ci spiega che l'uomo non ha ancora capito come «funziona» l'universo, ma che siamo sulla strada buona. «La cosa più incomprensibile dell'universo è che sia comprensibile», diceva Einstein, e di questa «cosa incomprensibile» noi dobbiamo saper approfittare. Al momento l'uomo si barcamena tra diverse leggi e diverse forze ma, assicura Hawking, in questa «partita a poker» con le leggi fondamentali, non siamo lontani dal definire un modello fisico che possa spiegare tutto. Tutte le forze di natura rientrano in quattro tipi fondamentali: la gravità, l'elettromagnetismo, la forza nucleare debole e la forza nucleare forte. Ma, grazie alla «teoria M» tutto questo potrebbe essere unificato in un unico principio. Un principio al quale dobbiamo la nascita stessa dell'universo. Ma, per Hawking, guai a chiamarlo «Dio». Lo studioso, infatti, sostiene che l'universo si è «autogenerato». Insomma la teoria M, della quale l'uomo va a caccia da secoli, e che, usando un termine che appare curioso in bocca a un fisico, Hawking ha profetizzato che sarà «elegante», ecco questa teoria M potrà spiegare il tutto anche prima del Big Bang. E allora, a che serve Dio? Per Hawking a nulla perché sono le leggi stesse della fisica che portano l'esistenza ad essere una conseguenza di loro stesse. Insomma l'universo è un qualcosa che si è «autogenerato». E tanto basta. Chissà, forse un domani le grandi case automobilistiche metteranno in commercio delle auto che si accendono da sole. Partono, fanno dei giri, poi si parcheggiano, sempre tutto da sole e magari vanno anche dal benzinaio. Queste auto stupiranno tutti, soprattutto per la loro inutilità. Tutti tranne Stephen Hawking.

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