Sono Premi o reality?
Piùche un premio letterario lo Strega è un reality. Colpi di scena in ciascuna delle quattro puntate. Inevitabile assimilazione ai tormentoni del piccolo schermo, visto che la finale va in tv, benedetta dal conduttore delle grandi occasioni (l'altr'anno il bello con aplomb Lamberto Sposini). Ieri la seconda eliminazione. I 19 autori ai nastri di partenza sono diventati 12. La scrematura stavolta non è avvenuta da parte delle case editrici (venerdì scorso Rizzoli rinunciando a presentarsi aveva fatto infuriare Aurelio Picca). La scure l'ha abbassata il Comitato direttivo, un mix di imprenditori, professori, scrittori, politici. Ovvero Tullio De Mauro, Alessandro Barbero, Giuseppe D'Avino, Valeria della Valle, Giuseppe De Rita, Fabiano Fabiani, Alberto Foschini, Dino Gasperini, Melania Mazzucco. Hanno fatto fuori quasi tutti i piccoli editori: Il Papavero, Socrates, Transeuropa, Il Foglio, Elliot. Via anche Cooper col libro di Gabriella Sica presentato dal decano dei critici, Walter Pedullà. E via Newton Compton (con Lo show della farfalla di Matteucci), per la terza volta da quando De Mauro presiede il Premio. Entra il prete Gino Battaglia con «Malabar» (Guida). Luciana Castellina («La scoperta del mondo», Nottetempo) è la concorrente più anziana, Viola Di Grado («Settanta acrilico trenta lana», E/O) la più giovane. Gli altri: Bruno Arpaia (L'energia del vuoto, Guanda); Alessandro Bertante (Nina dei lupi, Marsilio); Mario Desiati (Ternitti, Mondadori); Fabio Geda (Nel mare ci sono i coccodrilli, B.C.Dalai); Lorenzo Greco (Il confessore di Cavour, Manni); Edoardo Nesi (Storia della mia gente, Bompiani); Giorgio Nisin (La città di Adamo, Fazi); Gilberto Severini (A cosa servono gli amori infelici, Playground) e Mariapia Veladiao (La vita accanto, Einaudi). Ora è battaglia delle schede. Ma in tanti chiedono che il meccanismo del voto, espresso dai 400 Amici della Domenica cooptati nell'arco di mezzo secolo, sia rivisto. Dice Stefano Petrocchi, il coordinatore della Fondazione Bellonci cui fa capo lo Strega: «L'età media dei giurati è 67 anni. Significa che scelgono anche personaggi ormai non più produttivi nel mondo della cultura. Il voto vitalizio deve finire. Si dovrebbe pensare a un meccanismo di avvicendamento. I criteri? Valutare gli anni di permanenza nella giuria, tenere conto dell'età raggiunta, oppure lasciare al comitato direttivo il compito di migliorare la giuria. Una riforma che comunque non tocca l'edizione in corso. Se ne può parlare per il prossimo anno». Più drastico Stefano Mauri, ad del gruppo Mauri-Spagnol. Propone di scorporare i 400 in tre gruppi. Uno vota per la cinquina, l'altro per la finale, il terzo salta il turno. Il tutto a sorpresa, tanto per non farsi imbrigliare dagli editori che da sempre hanno preteso di avere nelle proprie mani il voto dai giurati. Un po' come fanno i pianisti alla Camera. Dice uno dei 400: «Da quando del Premio si è impossessata la tv, il bell'apparire dell'autore è diventato più importante della qualità del libro. Il romanzo che si impone è rapidamente consumato, non resta negli annali della letteratura». Il bel Paolo Giordano, che ha vinto nel 2009, o la prorompente Silvia Avallone, la star del 2010, ne sono la prova.