Al «Viareggio» ci si accapiglia troppo Allora addio Viareggio
Tuttaviaun piccolo "vulnus" alla tradizione è stato inferto. E di sicuro non potranno risanare la ferita né la Presidentessa del Premio - la filologa fiorentina Rosanna Bettarini - né il sindaco del Comune di Viareggio, Luca Lunardini, magari dicendo che in fondo questa soluzione è un bell'omaggio alla memoria di Leonida Rèpaci, trapiantato in Toscana, ma di origini calabresi, per l'appunto di Palmi. Rosanna e Luca, lo sapete tutti, hanno litigato. Ragioni di principio? Incompatibilità di caratteri? Contrasti di idee? Questioni di soldi, di chi li tira fuori e di che cosa chiede in cambio? Magari c'entra anche la politica? Non sarà che il Comune, conquistato tre anni fa dal centrodestra, abbia un rapporto difficile con un Premio che ama ostentare i suoi quarti di nobiltà antifascisti? A questo proposito, però, vanno dette due cose: prima di tutto che il centrodestra locale, timoroso delle ombre (nere), si è pubblicamente impegnato a tutelare l'immagine antifascista del Premio da qui all'eternità; in secondo luogo che non è vero che il Premio sia nato antifascista. Lo diventa nel dopoguerra, con tanto di distintivo "politicamente corretto", visto che nel 1947 "laurea" nella saggistica le "Lettere dal carcere" di Antonio Gramsci; ma nasce col marchio del fascismo più puro, polemico e "movimentista". In giuria, infatti, ci sono camerati di sicura fede come Primo Conti, Gioacchino Forzano, Curzio Malaparte e Marco Ramperti; il ruolo di presidente è affidato a un mussoliniano d.o.c. come Lando Ferretti (che nel dopoguerra sarà senatore del Msi); nessuno tra i vincitori - a partire dal pittore e scrittore Lorenzo Viani - può essere classificato come fascista "tiepido" o "opportunista"; lo stesso Leonida Rèpaci, ideatore del Premio, è stato sì vicino a Gramsci e a Gobetti, ma, negli anni Trenta, non è davvero un oppositore del Regime. E nel dopoguerra, dal punto di vista politico, sarà un "irregolare". Di sinistra? Certo, ma anche co-fondatore, nel 1945, insieme a Renato Angiolillo, del nostro "Tempo".