«Comunismo incidente della storia»
diRODOLFO LORENZONI Un Papa forte e sportivo, che tutti ricordano sugli sci e nelle sue passeggiate sulla neve. Ma anche un mistico, l'uomo della preghiera e dell'incontro con Dio e con la santità nel più profondo raccoglimento. Giovanni Paolo II vede nei santi la provvidenziale intercessione verso il cielo, nonché lo strumento attraverso cui il messaggio di Cristo opera nel mondo. Proclama 482 santi e 1345 beati, da solo più di tutti i 263 pontefici che lo hanno preceduto sul trono di Pietro. Nell'ottobre del 1982 è ad esempio la volta di Massimiliano Kolbe, canonizzato con il titolo di martire: pochi giorni prima il governo polacco ha sciolto il sindacato Solidarnosc, e pure in questo caso la celebrazione liturgica si riveste quindi di un significato in senso lato politico, nella forma di un risarcimento alla Polonia. Il Papa conosce e appoggia Lech Walesa, il leader dell'opposizione polacca, e parla costantemente della sua patria in ogni Angelus e in tutte le udienze del mercoledì. Più in generale, i regimi dell'Est lo vedono come un nemico: ne hanno ben ragione. Aveva persino scritto a Breznev, chiedendo al leader del Cremlino di tenere fede al rispetto della sovranità della Polonia e quindi di non invaderla per nessun motivo; ma ora la misura è colma. L'agenzia di stampa sovietica «Tass» accusa Wojtyla di «istigare le attività sovversive nei Paesi comunisti e di realizzare un'azione propagandistica anticomunista su vasta scala». Per tutta risposta il Papa torna in Polonia nell'83, sfidando la legge marziale in vigore, e poi di nuovo nell'87, quando al Cremlino c'è Gorbaciov, che riceverà poi a Roma nello storico incontro del dicembre dell'89. Giovanni Paolo dice ai vescovi: «La Polonia dovette accettare la sfida dell'ideologia marxista, che qualifica ogni religione come un fattore alienante per l'uomo. La Chiesa ha accettato la sfida e ha reso testimonianza alla verità su Dio, su Cristo e sull'uomo, contro tutti i riduzionismi e contro ogni dialettica materialistica». Nessun tentennamento, il comunismo è contro Dio e chi parla in nome di Dio deve combatterlo. Questa sfida della fede percorre incessantemente tutto il magistero e l'attività del Papa. Giovanni Paolo II non è certo in grado di prevedere che la caduta del muro di Berlino avverrà nel corso del suo pontificato; sa però con certezza che il muro sarebbe caduto, poiché ritiene che la verità della fede non possa essere troppo a lungo oltraggiata. Per questo combatte con determinazione e con coraggio la sua battaglia. A Praga spiegherà che «rimanevano misteriosi solo il momento e le modalità» in cui il comunismo sarebbe finito, ma la sua fine, in quanto «incidente della storia», era scritta con chiarezza nel suo cuore di Papa. La verità di Dio, dunque. Ma essa, nella visione teologica di Giovanni Paolo II, contempla pure la necessità di avvicinarsi al messaggio delle religioni non cristiane, tra cui l'Islam. L'interesse per quel mondo è testimoniato dai ben 23 viaggi in paesi islamici compiuti nel corso del suo pontificato, e l'atto teologicamente più significativo è il discorso ai giovani islamici a Casablanca, nell'agosto del 1985. Ai cinquemila ragazzi che lo applaudono e lo festeggiano, Giovanni Paolo II spiega che «cristiani e musulmani hanno avuto spesso delle incomprensioni reciproche, ma Dio oggi ci chiama a mutare le nostre abitudini: dobbiamo rispettarci, perché i credenti dovranno favorire l'amicizia e l'unione tra gli uomini che sulla terra formano una sola comunità». Riconciliazione, misericordia, comprensione sono le parole che il Papa polacco usa per rivolgersi agli islamici. Ma il Pontefice fa di più: li chiama «fratelli» e li invita a pregare insieme e a partecipare alle giornate di Assisi. Un azzardo teologico? No, solo il frutto della geniale intuizione wojtyliana, che individua nel dialogo religioso lo strumento principe nel progetto di unità e fratellanza universale che egli, in quanto vicario di Cristo, propone al genere umano. È in questa prospettiva che si inquadrano i prossimi passi di Giovanni Paolo II, che muovono ora verso gli ebrei, verso le più varie religioni del mondo, verso i giovani. 4-continua