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di LIDIA LOMBARDI Pazzo, ciccione, sudato.

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Certo,il figlio di Agrippina non fu esente da nefandezze. Ma che avesse ucciso la madre è controverso e non è vero che con un calcio finì la seconda moglie, Poppea. Quanto alla prima sposa, Claudia, impostagli quand'era un bambino, la eliminò per sedare una rivolta. Insomma, Lucio Domizio Enobarbo, questo il nome originario, non era peggio di tanti potenti nati in riva al Tevere. Sicuramente, era un raffinato. Preso da manie di grandezza. Ma anche consapevole che qualcosa nel rapporto con i sudditi dovesse cambiare. Dunque con una serie di provvedimenti cercò il popolo più che gli aristocratici. E questo i nobili non glielo perdonarono. Allora, la storia dell'incendio è tutta da verificare. Quando scoppiò Nerone si trovava ad Anzio, la sua città natale, fanno osservare molti storici. Che egli incolpasse i cristiani è fuor di dubbio, e le persecuzioni che seguirono lo provano. Ma che le fiamme fossero dolose lo sostiene Tacito e non Svetonio. Insomma chi era il quinto imperatore della gens Iulio-Claudia? Non un pazzo. Piuttosto un innovatore. Voleva cambiare il volto alla città. Via le case di legno della suburra, spazio ad una nuova sistemazione urbanistica. Il rogo che cancellò dieci dei quattordici quartieri nei quali era divisa Roma fu la conseguenza del faraonico progetto? Anche questo aiuta a capire la mostra che si inaugura domani nella Capitale. Perché fa il punto sui recenti rilievi effettuati nella valle del Colosseo. E sulle scoperte nei 250 ettari compresi nella Domus Aurea. Come quella coenatio rotonda, la sala da pranzo che doveva ruotare su se stessa, rinvenuta sul Palatino. Così, oltre ai plastici della fastosa residenza neroniana (estesa tra Colle Oppio, Celio e appunto Palatino, intorno insomma al lago sul quale poi i Flavi costruirono il Colosseo) si dà conto anche delle ultime indagini. Reperti nuovi permettono di figurare come fosse la valle del Colosseo il giorno prima dello scoppio dell'incendio, il 18 luglio dell'anno 64. Il fascino della rassegna è legato anche al fatto che si spande nei luoghi che Nerone frequentò. Il tema dell'incendio è appunto affrontato nel secondo ordine dell'Anfiteatro Flavio. E farà un grande effetto ai visitatori camminare nella penombra degli ambulacri più famosi del mondo ora che sta per cominciarne il restauro finanziato con i 25 milioni approntati da Diego Della Valle. L'itinerario continua poi al Foro. Nella Curia Iulia i ritratti, la famiglia. Ecco Agrippina Minore, la madre tanto arrivista da far uccidere il fratello Caligola. Ecco Poppea, la donna che prese il posto della prima consorte Claudia, ripudiata con la scusa che non poteva avere figli. Ecco Claudio, lo zio-suocero suo predecessore sul trono imperiale. Insomma, i comprimari di una leggenda fosca - complotti, tradimenti, assassini - che ha dato fama a Nerone, tanto da farne il protagonista di pellicole nonché di una delle memorabili gag di Petrolini. Per questo al Tempio di Romolo è sistemata la sezione «Nerone al cinema», mentre nel Criptoportico neroniano e nel Museo Palatino si dà conto del lusso del palazzo imperiale e della macchina del consenso organizzata dall'imperatore. Con l'acme di quella statua colossale e dorata, che lo raffigurava come il Sol Invictus, a contrapporsi a quell'altro sole comparso sulla Terra, il Cristo che metteva in crisi il dominio di Roma. Nerone sapeva bene che la caput mundi si giocava una difficile partita. E infatti a Oriente attuò una politica estera che diede frutti per molti anni dopo che il Senato lo aveva desposto e lui, nel 68, si era suicidato. Presso i Parti tre personaggi si presentarono con il suo nome. E furono osannati. Il tiranno che suonava la cetra non era poi tanto male.

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