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Juliette Gréco: né film né guerra

Juliette Gréco

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Dopo anni di assenza dall'Italia, Juliette Gréco si è esibita domenica al Teatro Flavio Vespasiano di Rieti. A 84 anni, fasciata nel consueto abito nero lungo, la pelle candida, gli occhi neri e vivissismi, emblema della gioventù di Saint-Germain-des-Près, donna fatale come la Dietriech, maschera angosciosa di «Belfagor», interprete dei più grandi compositori e poeti francesi del '900, star hollywoodiana, la Gréco ha incantato il pubblico. E ha confermato a Il Tempo il suo anticonformismo. Madame Gréco, è stata definita «la musa degli esistenzialisti», anche se non aveva alle spalle studi di filosofia e di letteratura. Come mai Sartre, Camus, Queneau, Vian e Prevert la adottarono? Francamente non lo so. Loro mi proteggevano, mi amavano molto e mi hanno insegnato quasi tutto. Non so cosa vedessero in me, ma mi aiutarono e mi misero sulla buona strada. Tutto ciò che sono diventata lo devo a loro. È facile convivere con un passato intenso come il suo? Il passato è passato, l'unico momento in cui mi tornano in mente quegli anni dei quali tutti sono ancora così curiosi è quando penso ai miei amici come se fossero ancora vivi. Alle volte penso "Questa cosa devo dirla a Boris Vian", ma Boris è morto. Odio la morte, mi ha tolto tutti gli amici. Che ne pensa del crollo delle vendite dei cd? È colpa del progresso tecnologico o della qualità degli interpreti? In questo momento non ci sono grandi interpreti perché tutti vogliono fare un po' di tutto, forse per questioni di denaro: vogliono essere cantanti, ma anche autori, musicisti, produttori e impresari, mentre credo che la vera ricchezza stia nella diversità, anche nell'essere interprete del lavoro di qualcun altro. E poi, le leggi sono quelle delle multinazionali: non ci sono più artigiani come invece erano Brel o Brassens. Dunque lei ora che fa? Incide album. Nell'ultimo, «Le temps d'une chanson», troviamo anche «Nel blu dipinto di blu» di Modugno. Come mai questa scelta e quali sono i suoi cantanti italiani preferiti? Nella mia vita ho avuto la fortuna di incontrare Domenico Modugno e di apprezzarlo. «Volare» è una canzone ricca di felicità, semplice ma scritta meravigliosamente. Mi piacciono molto anche Paolo Conte e Milva. Il suo ultimo album è del 2006. Quando il prossimo? Con mio marito Gérard Jouannest sto lavorando a nuove canzoni, con arrangiamenti particolari. I testi saranno composti da giovani autori, non molto conosciuti ma di alento. Negli anni Cinquanta è stata diretta da registi come John Huston, Henry King, Jean Renoir, Otto Preminger e Richard Fleischer. Poi si è dedicata solo alla musica. Ha qualche rimpianto? Non ho rimpianti. Nella vita bisogna saper dire di no. Non mi interessano il denaro e la gloria, quello che mi hanno offerto dopo non era convincente o non mi piaceva. L'importante è rimanere fedele a me stessa e ai miei ideali. Non mi pento, mi sono divertita moltissimo a dar vita a quei personaggi e ho uno splendido ricordo di quei film. Che ne pensa dell'intervento francese in Libia? I francesi non sono entusiasti dell'intervento militare, inoltre non mi è mai piaciuta la politica estera di Sarkozy. Sono stata sempre contraria a qualsiasi guerra. Quando si mette antepone l'aspetto economico rispetto a quello umano, si perde sempre.

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