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La mania del Tricolore veste a festa le città.

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L'abbuffatadi stendardi testimonia di un entusiasmo mai visto. Siamo davvero tutti patrioti? Si sono fatti finalmente gli italiani? E lo Stivale è davvero unito? Domande inopportune, ché l'impegno del Presidente Napolitano a fortificare la nostra identità e l'orgoglio di appartenere a questo Paese mai è stato tanto al diapason. E però non foss'altro per la vicenda immigrati - tutte le regioni solidali a spartirserli, ma poi finora si ammassano a Manduria e nel Veneto non c'è nessun Cie - le perplessità sono legittime. E sacrosante le domande che si pongono Sergio Romano e Marc Lazar nel libro «L'Italia disunita», dialogo a due coordinato da Michele Canonica (presidente del Comitato della Dante Alighieri a Parigi) con il quale l'editore Longanesi si inserisce nella marea di volumi sul Risorgimento. A dirla tutta, non si sa bene che cosa celebrare, discettano l'ex ambasciatore e politologo italiano e il sociologo e storico francese che conosce benissimo il Bel Paese. Entrambi, analizzando l'economia, la cultura, la sanità, lo spettacolo, le infrastrutture, la moda, il design, l'istruzione, le imprese dell'Italia, fanno l'identikit del Paese. Insomma, guardando indietro guardano avanti. Romano va al nodo fondamentale di un'unità traballante, ovvero il rapporto Nord-Sud. «L'unità può funzionare solo quando è in grado di dare qualcosa a tutti», osserva. Ma «l'irrisolta questione meridionale, con quattro regioni sottratte al controllo dello Stato, si pone come questione numero uno». Osserva a sua volta Lazard che «il processo di regionalizzazione politico amministrativa iniziato negli anni '70 viene ora completato con l'introduzione del federalismo fiscale. Sono molto interessato, o più esattamente impressionato - ammette - dalla foga con cui le regioni italiane stanno ormai cercando di sfruttare il loro potenziale non soltanto a livello nazionale, ma soprattutto europeo e internazionale. Quale sarà l'esito di tale evoluzione: spinta centrifuga oppure creazione di nuove risorse?». Ma poi la mancanza di una coesione granitica, ben presente tra i cugini d'Oltralpe, rimanda alle nostalgie del passato non ancora dissolte. Restano i fedelissimi ai Borboni - Gaeta docet - così come, osserva Romano, «vi sono ancora settori del mondo cattolico che vivono la presa di Roma nel 1870 come un'intollerabile sopraffazione ai danni del Papato». E che costa dire del Nord Est, che ama più gli Absburgo che i Savoia? L'altro buco nero della storia d'Italia, l'altra lacerazione, l'ostacolo non ancora rimosso a quella che, con una locuzione ormai abusata, viene definita «memoria condivisa» è costituito dal Fascismo e dal suo epilogo, con la piazza pulita fatta dalla Resistenza. «È inutile girarci attorno - taglia corto Romano - il problema è Mussolini. La vulgata postfascista lo dipinge come un mostro, coma una malattia che subdolamente si è insinuata nel corpo sano dell'Italia. E i fascisti? Tutti stupidi o cattivi. Invece Mussolini bisogna anatomizzarlo, spezzettarlo in modo da rendere visibili gli innumerevoli fili della sua vicenda politica. Bisogna spiegarlo come figlio dei suoi padri e nipote dei suoi nonni, ma anche come padre e nonno dei suoi figli e dei suoi nipoti, cioè di una parte di italiani che - se vogliamo costruire una vera nazione - non possiamo considerare come bastardi privi di ogni ascendenza». Concorda Lazard: «Se consideriamo la dittatura fascista come un fenomeno accidentale, non legato ai flussi profondi della storia italiana, commettiamo un errore madornale...Poi però c'è anche il problema di vedere se possiamo mettere fascisti e antifascisti sullo stesso piano, o se invece - come io credo - i primi erano dalla parte sbagliata e i secondi dalla parte giusta. Ecco il giudizio etico che a un certo punto lo storico deve dare». E qui Romano non ci sta: «Valori etici per spiegare la storia? Quando sento parlare di valori etici, subito la mia immaginazione vede qualcuno salire in cattedra per dirmi che cosa è buono e che cosa è cattivo. E non amo le cattedre». Per costruire la cosiddetta memoria condivisa questo è un punto di partenza. Li. Lom.

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