«Ho visto i suoi miracoli»

diANDREA GAGLIARDUCCI Ogni mattina, alle 6 e 20, un uomo in giacca e cravatta entrava nel Palazzo Apostolico, saliva su fino all'ultimo piano e arrivava nella cappella Papale. Quell'uomo era Arturo Mari, colui che ha inventato il Servizio Fotografico dell'Osservatore Romano. E che, in 27 anni di Papato di Giovanni Paolo II, è sempre stato al suo fianco. Fino alla morte. E anche un po' dopo. Lui stesso racconta di aver scattato una foto nell'istante dopo la morte di Giovanni Paolo II, mentre il cerimoniere Marini e il suo segretario Stanislao Dziwisz (oggi cardinale e arcivescovo di Cracovia) mettevano un panno bianco sul viso del Pontefice, e Martinez Somalo, cardinale camerlengo, sussurrava secondo cerimoniale: «Vere Papa mortus est». Ogni giorno, per 27 anni, Mari ha frequentato il Palazzo Apostolico, ha seguito il Papa nei suoi viaggi, lo ha ritratto nei momenti di relax ma anche nei momenti di importanti incontri internazionali. Il tutto in sei milioni di scatti. Che ora sono parte del Fondo Giovanni Paolo II del Servizio Fotografico Vaticano. Non sono segrete. Ma molte sono quasi sconosciute. Ancora c'è tanto da scoprire delle immagini di quel Papato. Alcune di queste foto più «sconosciute» sono esposte (da oggi e fino al 31 luglio) al Terminal Gianicolo di Roma, in una mostra fotografica, dedicata a «Karol Wojtyla. L'uomo che amava gli uomini». C'è Giovanni Paolo II in aereo intrattenersi amabilmente con Sandro Pertini in maglione bianco. C'è il Papa che si ferma al tavolo di una povera famiglia africana, trascinatovi dall'entusiasmo dei bambini. C'è Wojtyla minatore tra i minatori durante il viaggio in Bolivia del 1988. «Già il titolo della mostra spiega tutto - dice don Giuseppe Colombara, responsabile del Servizio Fotografico del giornale vaticano - perché il Papa polacco amava gli uomini nella loro diversità di genti, tradizioni, costumi ed usi, attraversando oceani e superando a volte barriere invisibili create dallo stesso uomo, alla ricerca di un amore universale tra i popoli, ricordando che siamo uguali ma diversi». Arturo Mari ha seguito da vicino la vita di Wojtyla, diventato «uno di famiglia». Dice che il Papa non gli manca, perché lo sente «sempre vicino a sé». E anche vederlo canonizzare in piazza San Pietro non gli fa troppa impressione: «Per me santo lo era già. Ne ho viste di cose che provavano la sua santità». Ma, a chi gli chiede di raccontare una di queste cose, risponde caustico e ironicamente in spagnolo: «No puedo». Salvo poi ricordare: «C'è un mio amico che ha scritto un libro che si chiama "Arrivederci in Paradiso". Quella è una frase del Papa». Mari ricorda gli 800 lebbrosi abbracciati da Giovanni Paolo II «uno per uno». Ricorda la sua umiltà. «Un 18 maggio, compleanno di Giovanni Paolo II, un bambino riesce a sfuggire alla sicurezza - che allora era più blanda - e arriva di fronte a Giovanni Paolo II. "Ciao, come stai?", gli chiede. E il Papa: "Bene. Ma dove è la tua mamma?" Il bambino gli racconta che la mamma stava perdendo tempo e lui era scappato di casa per vederlo. E che era povero, ma che un regalo glielo voleva fare. Il bambino tira fuori dalla tasca una caramella. Giovanni Paolo II la prende, la mette sul cuore, e dice: "Ma io non me la merito"». Giovanni Paolo II - racconta Mari - voleva «difendere la gente, proclamare la pace e la libertà». In Bolivia, resta colpito dalla storia di un minatore senza lavoro, che gli si riesce ad avvicinare dopo che lo stesso Papa (come faceva sempre) aveva detto alla polizia di lasciarlo avvicinare. Si incontra in maniera riservata con il presidente boliviano. Mari è lì, nascosto dietro una tenda. Capisce molto bene lo spagnolo. E sente il Papa attaccare il discorso duramente. «Ma che cosa sta facendo? Non vede che questa gente muore di fame? Quale è il suo problema? Non ha i soldi che vengono dal petrolio? Ma la vita di questa gente è oro per lei. Si ricordi, dovrà rendere conto a Dio di tutto questo!». Sono storie che stanno dietro i quindici scatti scelti dallo stesso fotografo storico di Giovanni Paolo II ed esposte al Terminal del Gianicolo, luogo di passaggio per molti dei pellegrini che arriveranno il 1 maggio per assistere alla beatificazione di Giovanni Paolo II. E, percorrendo il tratto dai parcheggi verso piazza San Pietro, saranno accompagnati dalle immagini di Giovanni Paolo II. Vedranno due scatti inediti dell'infanzia a Wadowice, una con il fratello Edmund, più grande di lui di 15 anni, che morirà di scarlattina quando Karol è ancora ragazzo. E ripercorreranno alcune emozioni del Pontificato. Perché - spiega Mari - «il fotografo che segue il Papa non è solo un fotografo. Partecipa in qualche modo alla missione del Papa».