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La civiltà che non voleva monumenti

Una funzione religiosa Indù sulle rive del Gange

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Roberto Calasso è autore di libri unici per la loro bellezza e profondità. «L'ardore», la sua recente fatica letteraria pubblicata da Adelphi, ha un legame con i suoi precedenti libri, poiché indaga e analizza il rapporto tra la letteratura e la dimensione metafisica. In Ardore Calasso racconta ed evoca l'antica civiltà dei Veda, la quale non avvertì il bisogno, caso unico nella storia, di erigere monumenti, templi, città. Dei Veda rimangono i grandi testi religiosi e filosofici, da Calasso interpretati e commentati in modo straordinario sia per la chiarezza sia per la capacità di cogliere alcune questioni fondamentali. Il culto dei Veda si diffuse in India tra il decimo e l'ottavo secolo a. C. Questo fatto si spiega con la circostanza che per i Veda ogni luogo esistente sulla terra era adatto per compiere i sacrifici in favore degli dei immortali. Nella prima parte del suo libro, Calasso coglie e chiarisce il rapporto che vi era tra il mito ed il rito nella visone spirituale dei Veda. Secondo il mito dei Veda, all'origine della creazione vi è il desiderio della mente di sciogliersi attraverso l'esperienza dell'ardore e della ebbrezza, la pratica del tapas. Prajapiti nei testi vedici viene considerato il creatore ed il progenitore degli dei, della terra, dei veggenti, degli uomini. A Prajapiti viene mossa l'accusa di avere creato, accanto alla vita ed all'essere, la morte, che viene vista e considerata intrinseca alla vita. Gli dei, dopo che è avvenuta la creazione, hanno dimenticato il loro progenitore Prajapiti, che, svuotato e privato della sua forza originaria, si colloca in una dimensione soprannaturale e distante rispetto alla creazione. La terra, su cui vivono gli uomini, è il luogo da cui è assente la verità ed in cui regna il male in tutte le sue forme. Il rito sacrificale che gli uomini Vedici sono tenuti a compiere in favore degli Dei prevale su qualsiasi altro aspetto della loro vita. Infatti mediante il rito sacrificale, gli uomini, che non conoscono la verità e sono confinati sulla terra avvolta dalle tenebre, possono superare il confine che separa il mondo visibile da quello invisibile, la dimensione sensibile da quella soprannaturale. Calasso, stabilendo un confronto tra la civiltà Vedica e quella Greca, osserva che sia i testi Vedici sia la filosofia antica hanno tentato di indagare con grande profondità la Physis ed il mondo naturale. Mentre nel mondo greco assumeva una grande rilevanza la distinzione tra il sapere scritto e quello trasmesso mediante la parola, nel mondo dei Veda era considerata essenziale la differenza tra ciò che è manifesto e ciò che è dissimulato dinanzi allo sguardo degli uomini. Grazie al rito sacrificale, che comporta le libagioni da offrire agli dei e l'uccisione degli animali, gli uomini, terrorizzati dalla provvisorietà del tutto, nella civiltà Vedica si liberavano dalla schiavitù del tempo e della morte. Il sacrificio avveniva quando erano presenti i due fuochi che simboleggiavano la terra ed il cielo. Inoltre, come risulta dai testi Vedici, esso si estendeva al tutto e coincideva con la vita. A questo proposito, Calasso stabilisce analogicamente un confronto tra il sacrificio offerto dai Veda ad una potenza ignota, che custodisce e racchiude la verità suprema, e la forza misteriosa che induce l'artista a realizzare le sue opere ed a coltivare il dono della creatività artistica, si pensi all'isolamento di Flaubert mentre componeva, in preda al tormento, i suoi immortali capolavori. Nella parte finale del suo libro, Calasso chiarisce quali implicazioni antropologiche la sua analisi sulla civiltà Vedica può avere. A questo proposito, ricorda che l'antropologo Mauss scoprì un Tikì, vale a dire una giada portata sul petto dalle donne Maori, antica civiltà che si trovava in Nuova Zelanda, su cui erano effigiate e raffigurate divinità simili a quelle verso cui era rivolto il culto dei Veda. Questo fatto storico, secondo Calasso, dimostra che la mitologia è un campo della conoscenza umana fondamentale, poiché rivela una disposizione della mente umana a compiere i riti sacrificali in favore delle potenze ignote e misteriose. Nella società contemporanea, in cui la secolarizzazione dispiegando i suoi effetti ha eclissato il sacro e la visione metafisica della vita, per Calasso, che a questo proposito cita l'opera di Durkheim, il sacrificio è stato soppiantato e sostituito dalle procedure. Un libro indimenticabile.

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