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Parodia dello show nell'Italia indecente dei raccomandati

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Mapuò riuscirci anche in Italia, la nazione più televisiva del mondo? Se non altro ci prova. Certo, i film non subiscono le pressioni politiche che infestano le tv, il livello artistico tenta di accrescere sempre più la qualità cinematografica, sebbene la crisi del cinema sia trentennale e l'assistenzialismo all'italiana non crei vero mercato. Tra ironia e critica «Boris», la serie più irriverente e fortunata della tv satellitare, diventata nel giro di poco tempo un programma di culto che ha collezionato tre edizioni, arriva sul grande schermo raccontando drammi e follie produttive. Il protagonista del film, René Ferretti (Francesco Pannofino), si confronta con un Paese dove i peggiori vengono premiati e l'indecenza è scambiata per libertà. Sceneggiatori confusi, produttori disperati e finanziatori blasé, premi Oscar che si giocano le loro ambite statuette, cameramen spocchiosi e snob, divetti che si spacciano per attori ma recitano da cani, formano un sottobosco disastroso che pone un solo interrogativo: in Italia, quando si spegne la tv cosa resta nella testa della gente? A firmare la regia di «Boris - Il film» sono gli stessi della serie, Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, e Luca Vendruscolo che raccontano come persino un regista (René/Pannofino) di fiction di serie C non ce la faccia più ad accettare l'ennesima insulsa miniserie, stavolta dedicata a Papa Ratzinger giovane. Con un atto di coraggio lascia il set per cimentarsi nel suo primo film d'autore, tratto da «La casta» di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella. Ma, alla fine, scoprirà che anche nell'ambiente «colto» del cinema le cose non sono poi così diverse. Tanto che il serioso «La casta», in un Paese dove non si riesce a fare altro che commedia, si trasformerà nell'ennesimo cinepanettone. Mentre «Nun c'ho i soldi per tutte queste sensibilità» diventa la frase cult del produttore davanti al progetto autoriale. Nel cast sfilano - tra gli altri - Ninni Bruschetta che fa il direttore della fotografia cocainomane con lo zio mafioso; Carlo De Ruggieri nei panni dell'eterno stagista schiavo; Antonio Catania nel ruolo del delegato di rete che si barcamena tra i suoi raccomandati; Pietro Sermonti che interpreta l'attore trombone sempre pronto a imporre la sua presenza per aggiudicarsi la parte di Gianfranco Fini nel film; e Carolina Crescentini nei panni di Corinna, detta anche «la cagna», attricetta senz'arte che si ricicla come può persino nel cinema d'autore. «Nel Paese in cui l'eccellenza è un equivoco un film come il nostro ci sta tutto», hanno dichiarato i tre autori Ciarrapico, Torre e Vendruscolo, mentre un blitz di giovani precari del Comitato «Il nostro tempo è adesso» animava ieri l'incontro stampa in una sala del cinema Adriano di Roma. In occasione dell'uscita in sala del film (distribuito dal 1 aprile da 01), Feltrinelli, con Fox Channels Italy, propone nella collana Le Nuvole il cofanetto «Boris 2 - Il ritorno» dedicato alla seconda stagione della serie tv. Il cofanetto contiene 2 dvd, 14 episodi della seconda stagione, un backstage inedito e un libro curato da Enrico Terrone, con l'intervista ai tre autori, un dizionario che ripercorre le battute ormai trasformate in modi di dire e le sceneggiature originali di tre episodi. «Il mio è un personaggio che odio e amo allo stesso tempo - ha raccontato la Crescentini - Una figura di donna che è sempre esistita, un'attrice che recita da cagna e non studia nemmeno per migliorare le sue performance. Ma è l'amante di qualche pezzo grosso che la impone e la raccomanda ovunque. Ragazze del genere esistono e l'unico modo per difendersi da loro è credere in una vita alternativa, in un altro tipo di donna, che non deve fare sesso per lavorare. Io, come tutte le attrici che frequento, ho studiato, vado ai provini e vivo le paure del precariato artistico: quella di poter non lavorare più e di non riuscire quindi a campare. Occorre lottare contro l'immagine falsa e pericolosa secondo cui lo spettacolo è un mondo dove ci si scambiano favori per andare avanti».

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