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La forza di Muti

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Il maestro Riccardo Muti

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Nella fotogallery dei 150 anni dell'Unità d'Italia (quella che sfoglieremo tra mezzo secolo) Riccardo Muti prenderà il posto dato a Garibaldi dal 1860 in poi. Eroe dei Due Mondi di oggi, potremmo chiamarlo. E infatti spopola alla Chicago Symphony Orchestra. E da Chicago è venuto a Roma - a dirigere la più patriottica opera di Verdi - dopo essere svenuto sul podio, operato al viso per le fratture riportate nella caduta e poi aver sistemato un pacemaker nel cuore. Non diteci che la tripla equazione Muti-Nabucco-Italia 2011 è un'esagerazione. Il maestro partenopeo - tra i simboli della cultura italiana contemporanea, popolare quanto Pavarotti - mette d'accordo tutti. Una settimana fa, nella trionfale serata della prima del «Nabucco» all'Opera di Roma ha osato quello che mai era avvenuto: il bis del «Va pensiero». E tutto il pubblico si è alzato a cantare mentre i «coriandoli» bianchi lanciati dal loggione chiedevano «Muti senatore a vita». Il batticuore non era solo per la musica dolente. Ma per l'appello che il direttore d'orchestra, prima che si aprisse il sipario, aveva rivolto al Governo contro la scure sui contributi dello Stato al Fondo unico dello spettacolo. «Non vorrei che il Va pensiero, questa sera, fosse il canto funebre della cultura e della musica», aveva detto grave. Un j'accuse carismatico che ha subito dato frutti. Mercoledì scorso il ministro Tremonti, incontrando il sindaco Alemanno alla presenza di Muti, ha promesso di ripensare i tagli alla cultura. E lo ha ripetuto Berlusconi l'altro ieri sera, dopo il gala per i 150 anni al Costanzi. Serata suggestiva, momento tanto alto per la nostra cultura e la nostra identità da indurre il pragmatico e severo «contabile» Tremonti a capitolare. Promesse ribadite a fine recita, dopo l'uragano di applausi al Maestro che ha affratellato destra e sinistra, capo dello Stato e vertici della Chiesa, sindaco, governatori, economisti, ambasciatori, ex re, blasonati e ministri. Un capolavoro firmato Riccardo Muti. Che ha diretto con un'ispirazione, con un piglio capaci di ipnotizzare. Il Tempo ha potuto vedere da vicino - come fosse nella buca, nel golfo mistico - i movimenti, la faccia del Maestro grazie alle telecamere a circuito chiuso. Gli ordini impartiti all'orchestra con un cenno degli occhi testimoniavano di una concentrazione che non concede nulla al divismo. L'Inno di Mameli è stato suonato con un vigore mai sentito eppure neanche un attimo guascone, o troppo roboante. Il tocco della bacchetta sull'ultima nota di «Fratelli d'Italia», quasi ad infilzare l'aria e la Storia, ha come siglato una sfida vinta. Poi è cominciato il melodramma. La mano di Muti si fa musica, con la destra suggerisce e ordina all'orchestra, con l'altra guida il coro. Il gesto è un taglio netto nell'aria, eppure nel Va pensiero diventa vibrazione e genera chiaroscuri. Il teatro resta sospeso nell'ascolto, le luci e le ombre incedono come le onde sonore. Tutto si fonde nell'emozione. Anche gli addobbi sugli stucchi dorati dei palchi - cammei con i volti di gentildonne ottocentesche sostenuti da un nastro tricolore - raccontano un'aura e un momento. Indimenticabile spettacolo, non solo per gli illustri ospiti ma per tutta Italia. La diretta su Raitre - finalmente l'opera in prima serata - è stata seguita da due milioni di cittadini. È come se si fossero seduti sulle poltrone rosse del teatro romano, «benedetti» dall'alto del palco reale dal presidente Napolitano, mai tanto popolare come in questi giorni. Nel Va pensiero abbiamo ritrovato tutti la colonna sonora dell'anniversario 150: le note rimandate in questi giorni dalle piazze, quelle che risuoneranno lunedì alla Camera dei Deputati, dove Muti, instancabile, dirigerà ancora. Domani poi, altro bagno di folla per il Direttore: al Costanzi, subito dopo la replica di «Nabucco» incontrerà il pubblico e firmerà le copie dell'autobiografia. Regalando popolarità all'ente lirico capitolino, rilanciato dalla sua direzione. Il «Moise et Pharaon» di Rossini che ha aperto la stagione, come l'altr'anno l'Otello di Verdi e l'«Ifigenia in Aulide» di Gluck, hanno riempito tutto il teatro di piazza Beniamino Gigli. Tira un sospiro di sollievo il sovrintendente, Catello De Martino: «Durante l'intervallo della serata di gala il premier, accompagnato da Gianni Letta, ha confermato l'impegno preso da Tremonti per il finanziamento al Fus». Muti ha orchestrato davvero bene.

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