E Giuseppe Verdi rivive in tutto il mondo la fama dell'Ottocento
Perchéil compositore di Busseto ci rappresenta, o meglio rappresenta la parte migliore di noi e forse anche della nostra storia, quella che ha visto lo sforzo di un popolo nel farsi indipendente ed unito. Non era un caso che proprio Mazzini nella sua «Filosofia della musica» preconizzasse un siffatto tipo di artista «popolare», capace di parlare ai cittadini e di rappresentarne le istanze, gli aneliti. La musica di Verdi è la colonna sonora che accompagna il processo risorgimentale dagli albori sino alle prime delusioni post-unitarie. A renderlo popolare non furono però solo le opere «patriottiche» (dal Nabucco, oggi così di moda da essere rappresentato anche a Minsk in una versione registica audace, a La battaglia di Legnano rappresentata alla vigilia della Repubblica Romana che nella Capitale vedremo in maggio con la regia di Lavia, ai Vespri siciliani in programma a Napoli). Ma il fatto di aver fatti propri i sentimenti di una società, di un'epoca. Una raccolta di exempla comportamentali ed etici che la dice lunga su come eravamo. Qualcuno ha scritto che Verdi è più eseguito di Mozart. È vero e il nostro musicista lo merita. Va notato però che ha scritto molto di più in una esistenza particolarmente longeva (28 titoli contro poco più di una dozzina del genio salisburghese). Ma soprattutto che le sue opere furono create per un pubblico non più aristocratico e raffinato, ma popolare, almeno nella accezione ottocentesca e romantica del termine. Un padre della Patria. Con lo spartito.