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Nell'«antro» bianco di Polifemo

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diLIDIA LOMBARDI Andateci adesso, perché il mare ancora invernale schizza la schiuma gelata delle onde sulle antiche pietre ma le ginestre, il fico, il lentisco sono verdi di primavera. Andateci ora, perché i gitanti fissati con la tintarella non bivaccano già sulla sabbia. Andate adesso a Sperlonga, non quella del turismo in bikini e ciabatte ma quella che racconta le radici più lontane. È la Sperlonga della villa di Tiberio, alla fine della spiaggia a falce di luna che comincia sotto al porticciolo. Una passeggiata di due chilometri sul bagnasciuga ed ecco l'incontro con l'impero di Roma e i miti che incantarono la gens Iulia. E ancora, nel nostro secolo, con uno dei tanti fortuiti e sensazionali ritrovamenti archeologici. E con le contese per il possesso e per l'esposizione. La storia del Bel Paese che raccontiamo e vediamo qui cominciò nel 1957. L'Italia del boom che costruiva strade, quella della Cassa del Mezzogiorno, realizzava la via Flacca, la fettuccia sulla costa più bella del Lazio, da Terracina a Gaeta e a Formia. All'altezza di Sperlonga il piccone e le ruspe inceppano su marmi scolpiti. Si scava, vengono fuori frammenti di statue. Teste, braccia, mostri marini. Centinaia, migliaia di pezzi. Indecifrabili, ma raffinati. Si comincia a ricomporli, si propone di spedirli a Roma. E qui la gente di «spelunca», la grotta che stregò l'imperatore Tiberio ritrovata con la campagna di scavi, si impunta, anticipa le barricate di Reggio o di Cartoceto, quando non volevano mollare i «loro» bronzi. Le sculture restano nella cittadina marinara, si ricompone il puzzle di 5 mila frammenti. E si capisce che fanno parte di una «Odissea» scolpita dai maestri dell'ellenismo Agesadro, Atenadoro e Polidoro. Gli stessi artefici del Laocoonte dei Musei Vaticani. C'è Ulisse che acceca Polifemo, l'assalto di Scilla alla nave del furbo greco, l'eroe mentre trascina il corpo di Achille, poi quando ruba con Diomede il Palladio. E ancora, Ganimede rapito dall'aquila di Zeus. Perché l'antologia omerica è qui? Perché le statue erano i personaggi che Tiberio (con la gens Iulia discendente da Enea, ma anche della stirpe Claudia, cominciata col figlio di Ulisse e di Circe), aveva voluto mettere in scena nel punto più suggestivo della sua villa, che digradava all'ombra dei monti Aurunci fino all'azzurro. Così, dentro una grotta a pelo d'acqua aveva sistemato eroi, mostri e dei. Scenografia perfetta: nel fondo il gruppo di Polifemo, attorno gli altri protagonisti, in cima all'antro il bel Ganimede. Una piattaforma al centro permetteva all'imperatore e agli ospiti di godersi l'allestimento. Con una piccola barca potevano poi avvicinarsi ai personaggi di marmo mentre un novello aedo declamava Omero. E triclini e letti per il riposo e l'amore erano sistemati attorno a una vasca ricca di pesci e frutti di mare. Dal 1963 l'Odissea di marmo ha trovato casa in un museo minimale, tutto bianco, che ha l'ingresso sulla via Flacca e apre le vetrate verso il mare, oasi protetta dal Wwf. Dalle sue stanze popolate dai volti del mito si esce nel giardino mediterraneao che digrada verso la Grotta di Tiberio. Sulle terrazze i resti della villa testioniano di un lungo portico e di un padiglione per la coenatio, il banchetto estivo. Il museo è aperto tutti i giorni. Ma più che gli italiani lo affollano gli stranieri, portati dai pullman. Trentamila ingressi l'anno, troppo pochi per tanta suggestione. «Già - dice Marisa De Spagnolis, la direttrice da luglio scorso - i turisti di Sperlonga vengono in queste sale solo quando piove. Invece dall'estero fanno a gara. Un artista canadese, Andrè Durand, è qui col cavalletto per dipingere "Il sogno di Polifemo". Una comitiva dalla Germania ha fatto tappa al museo senza neanche passare per Roma». Snobbare Polifemo e Ulisse per una mattinata stesi sul telo da spiaggia è peccato mortale. Questo posto godetevelo proprio quando il tempo è bello. Dal bianco del museo popolato di mitiche presenze al buio della grotta, il percorso è una meraviglia. Lo hanno fatto l'altro giorno una coppia di danesi. Venuti dalle nordiche brume al luccichio del Mare Nostrum.

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