La tv della "ggente" inventata da Funari
Scusi, lei è «favorevole o contrario ai tagli del governo Spadolini»? Risponda tranquillamente, a bocca aperta. È il settembre 1981. Su Telemontecarlo va in onda la prima puntata di Aboccaperta, condotto e ideato da Gianfranco Funari. Su due tribune contrapposte, la gente, persone comuni, discute, si scontra e sostiene la sua sul tema scelto per la discussione del giorno. Il programma è importante perché segna l'ingresso della ggente, con due g, da protagonista nella storia della televisione italiana. Ripeteva spesso Gianfranco Funari, nel suo linguaggio schietto e corporale, che "la tv è come la merda, bisogna farla ma non guardarla". Lui, oltre a farla per anni, rivoluzionandola in diversi suoi aspetti, è stato anche il detonatore della gente comune. Stare sul divano, al telespettatore di oggi non basta più tanto che freme per entrare nel tubo catodico a dire la sua. A farsi vedere. Funari se n'è accorto trent'anni fa di questa frenesia. E allora via, sulle tribune di uno studio tv, donne e uomini, pizzicagnoli e impiegate, a dar fiato alla lingua. Nascono discussioni, liti, tutto in un linguaggio popolare, di borgata, senza la mediazione dell'educazione ad ogni costo: non a caso il neologismo telerissa verrà coniato proprio nel 1981, l'anno del programma Aboccaperta. La trasmissione, nell'Italia dei primi anni Ottanta, si rivelerà un successo tanto che nel 1984 approderà su Raidue, con un riscontro di pubblico ancora più notevole. I temi di cui si discute sono i più diversi e disparati, dal "permettereste a vostra moglie di andare in spiaggia in topless?" sino ai tagli di Spadolini ed all'Auditel. Al di là degli argomenti, però, quello che conta è il format: Funari, infatti, con questo programma compie almeno 4 rivoluzioni in una. Prima rivoluzione: innova il linguaggio, volgarizzandolo e facendo entrare in tv il romanesco e la parolaccia. Con un proverbio si potrebbe dire il parla come mangi. Secondo cambiamento, inventa la ggente: è infatti la gente, oltre a lui sapiente tribuno delle sue trasmissioni, la protagonista del programma. Terzo, introduce, prima ancora che l'Italia se ne innamori (cosa che succederà nei primi anni Novanta) il gusto per la maggioranza. I favorevoli e contrari, infatti, dividono il pubblico, dando libero spazio all'agonismo oltreché alle parole e creando una tendenza al gusto maggioritario. Quarto, anche se non ultimo in ordine di importanza, Funari fa sbarcare in tv l'antipolitica. Far parlare il pubblico in televisione, infatti, mettendolo al centro dello spettacolo al posto di personaggi famosi, politici ospiti nelle tribune, attori e il resto significa dare vita e corpi - via etere - alle gente qualunque. Gente che, anche finita l'esperienza di Aboccaperta, Funari terrà sempre nel cuore dei suoi programmi, compresi quelli del mezzogiorno (in particolare Mezzogiorno è e Mezzogiorno italiano). L'intervista al politico in romanesco, parlando il linguaggio del venditore di frutta o del barista del quartiere, sono infatti un'invenzione di Gianfranco Funari che in questo modo desacralizza la politica, la mette a nudo innalzando, al tempo stesso, la semplicità e la ggente sopra la politica. In questo si può dire che Funari ha incarnato, in anticipo, grazie alle sue invenzioni televisive quello che sarebbe stato lo spirito dei tempi. Trent'anni fa, prima della nascita dei reality e della tv degli anonimi della porta accanto, si è inventato Aboccaperta e la ggente (un programma che, lo ricordiamo, in qualche modo era un ampliamento di un altro suo programma, Torti in faccia, andato in poco prima e sempre su Tmc). Negli anni Novanta, con il suo linguaggio antipolitico e popolare ha anticipato la grande stagione dell'antipolitica che, in qualche modo, nel nostro Paese sembra durare ancora oggi, nonostante il tempo trascorso. Tra le sue tante celebri frasi e battute dette in un italiano che declinava al romanesco sfacciato, ce n'è una che colpisce per la sua essenzialità: "Vojo mette il dito nel culo del futuro". In qualche modo, con la sua televisione, possiamo dire che Gianfranco Funari c'è riuscito. Basta andare a riguardarsi certi momenti dei suoi programmi, persino alcune sue telepromozioni, per rendersi conto che è stato uno dei più grandi televisivi del XX secolo nazionale. Distruttore, certo, di vecchi modi e galatei, di determinate educazioni e logiche, di eleganze ma perché questo è il destino di chi cambia le cose, anche in televisione. Oggi, che sono passati trent'anni dalla sua Aboccaperta, oggi, se fosse ancora vivo, forse lui stesso abbandonerebbe la volgarità come mezzo espressivo dato che il suo segno innovativo sembra essere esaurito da tempo: ormai in televisione tutti dicono le parolacce, le bestemmie, fanno i gestacci e di ggente ce n'è pure troppa. Potremmo dire che - nella tv del XXI secolo - siamo tutti funariani ma sarebbe ingiusto nei confronti di Funari ché la sua rivoluzione televisiva è stata l'esatto contrario del manierismo. "Ormai - spiegò anni fa in un'intervista - non sanno più dire nemmeno le parolacce. Quando le dicevo io era diverso: se dicevo cazzo, si capiva che cazzo era".