Puccini per tutti
diMARIO BERNARDI GUARDI L'abbiamo vista l'estate scorsa al Grande Teatro all'Aperto di Torre del Lago e ora torniamo a rivederla in film. Sì, perché nelle sale cinematografiche di tutta Italia si è appena proiettata (replica a marzo) la "Tosca" aureolata dal successo versiliese, con la Guleghina nella parte dell'ardente Floria, Sung Kyu Park in quella del generoso Mario Cavaradossi e Giorgio Surian in quella del perfido Scarpia. L'hanno applaudita anche i giovani, che si pensa indifferenti nei confronti della musica lirica, tutti intenti a rimpinzarsi della ostentata trasgressività di Vasco e Ligabue, o dello sfarzo sciamannato di Lady Gaga, con qualche occhiata storta data ai fasti sanremesi, tra abbondanti dosi di Grande Fratello, Zelig, Iene ed MTV, e la "fissa" per nuovi miti come il "terrunciello" numero due Checco Zalone (il primo fu Diego Abantantuono: ve lo ricordate?). Bè, l'"immagine" è questa, ma non corrisponde del tutto alla realtà. Anche i giovani, e non solo d'estate, vanno all'opera. In modo particolare vanno numerosi ad assistere a quelle di Puccini. E, particolare nel particolare, soprattutto alla "Tosca". Perché? Con buona pace degli officianti del 150° dell'Unità, non tanto perché vi batta dentro un "cuore tricolore", con quei primi bagliori di Risorgimento che brillano nella Roma papalina, disseminandola di ideali rivoluzionari. Quanto perché c'è un cuore e basta. E cioè un artista, fiammeggiante d'ideale, che dipinge Madonne, ma adocchia quelle vere. Non solo: ha l'aria di essere un discreto sciupafemmine. Ancora: ha fatto innamorare di sé e tiene sulla corda una donna bellissima e gelosa, una star del canto, come Floria Tosca. Un tipo contraddittorio: amante appassionata, ma è anche donna pia, con devozione speciale per la Vergine. Che carattere, però! Farebbe a pezzi il suo uomo se lui la tradisse, ma è disposta al tradimento - svela dove è nascosto il cospiratore Angelotti - purché gli sbirri non lo facciano a pezzi. Tutta per Mario, tutto per Mario. Una tigre, una femmina. Anche femminista? Diciamo di sì, dato che è capace di "gestirsi". E' inutile che il satiro Scarpia faccia il dèmone: lei, che, incolpevole (ma del tutto?) ha incendiato i sensi del bigotto inquisitore, caccia il mostro nell'inferno con un colpo di pugnale. Una storia a forti tinte, quasi "splatter". Scialo di sesso e di morte. E poi ci sono anche le due sorprese del finale con la finta fucilazione che invece è vera, e lei, focosa giustiziera, che si getta dagli spalti di Castel Sant'Angelo. Un volo di gran classe. Sempre giovane, anzi giovanissima, la nostra Tosca. E con un bel piglio da eroina trasgressiva. Nazionalpopolare? Di più. Nonché gagliardamente "romana de Roma". Tutta da rivedere, a questo proposito, la "Tosca" di Luigi Magni, da sempre attratto dalla storia della sua città. E in particolare da quell'Ottocento in cui Roma "caput mundi" e sede del Vicario di Cristo, diventa la capitale d'Italia. Impresa non facile, tra tanti bigotti e altrettanti gaglioffi. Meno male che Tosca (Monica Vitti) c'è. Anche se muore suicida. E meno male che c'è Cavaradossi (Gigi Proietti). Anche se muore ammazzato. I due amanti, però, lasciano "eredità di affetti". E ad andare veramente "a morì ammazzato" è Scarpia (Vittorio Gasmann). Sulle note di "Non je dà retta, Roma", testo di Gigi Proietti, musica di Armando Trovaioli.