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«Il gioco è quello che è, inutile, assurdo, scriteriato, libidico, non sto qui a giudicarlo, fa parte di un mondo che ho lasciato da tanto tempo».

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Trentatrèanni o un secolo fa? In ogni caso Vecchioni, in quel mondo che aveva lasciato «da tanto tempo» c'è tornato: e da vincitore. Eppure, «il gioco è quello». Resta quello. Oggi come ieri. E allora diciamo le cose come stanno: Sanremo è sempre Sanremo. Con tutte le sue assurdità, ma anche con la sua potente forza attrattiva. Ecco, allora che il libro scritto a quattro mani dalla etnomusicologa Serena Facci e dallo storico Paolo Soddu, edito da Carocci e intitolato «Il festival di Sanremo. Parole e suoni raccontano la nazione», se, da una parte, ci racconta gli Italiani attraverso le canzoni di Sanremo e dunque ci aiuta a comprendere i cambiamenti del costume e i mutamenti del gusto intervenuti in sessant'anni di storia nazionale; dall'altra serve anche a «illuminare» i cantanti, dunque i «protagonisti» di Sanremo nelle loro emozioni, contraddizioni, umori e malumori. Che valgono come documenti e testimonianze non solo di storia nazionale, ma anche di storia personale. Anche se c'è un «immaginario» che si trasmette da una generazione all'altra e fa sì che canzoni dai capelli bianchissimi come «Grazie dei fiori», «Papaveri e papere», «Vecchio scarpone», «Aveva un bavero», «La casetta in Canadà», siano qualcosa di più di pezzi da museo. E poi si è detto e si tornerà a dire tutto il male possibile del nazionalpopolare Sanremo, però, piaccia o non piaccia, le canzoni più belle e destinate a più lunga vita - una su tutte «Nel blu dipinto di blu» del grande Domenico Modugno - sono state battezzate qui. Tante storie, un arruffio di immagini e di suoni. Il «boom» dell'economia, poi quello delle bombe. I timidi cinguettii amorosi della Cinquetti; l'energia scatenata di Rita Pavone; le lacrime in playback di Bobby Solo; la «ragazza triste» Patty Pravo; il ciao all'amore e alla vita di Luigi Tenco; il Vietnam dell'eterno ragazzo Gianni Morandi; Lucio Battisti che «contesta» la contestazione ricordando ai ragazzi che c'è un «privato» dove il «politico» non deve entrare; il dissacrante - e adesso sacra icona dei fasciolibertari di Casa Pound - Rino Gaetano (la sua «Gianna» è del 1978, l'anno del «gran rifiuto» di Vecchioni); la «vita spericolata» di Vasco Rossi; la coppia Al Bano-Romina che non durerà una vita. Intanto l'Italia va, come la «nave» di Fellini. Sanremo resta - come restano Ornella Vanoni e Orietta Berti - mentre arrivano schiere di nuove stelle e molte vanno subito in polvere. Resta, Sanremo, e cambia per non cambiare: un bel «gattopardo» nazionalpopolare. M.B.G.

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