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Pinocchio il poveraccio di Dell'Utri

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Ancheperché c'era Marcello Dell'Utri, parlamentare bibliofilo nonché ideatore della collana suddetta fra i tre personaggi seduti a discettare sul libro che Prezzolini giudicò fondamentale nella letteratura italiana insieme soltanto al «Bertoldo» di Giulio Cesare Croce. Già questa scelta di aggiungere il classico sbeffeggiante di Collodi ai 19 volumi usciti (Erasmo da Rotterdam, Marx, Francis Bacon e via filosofando, tutti «malloppi» a detta di Dell'Utri) pare eccentrica. Specie poi se si rilancia la favola del burattino nella cornice del 150.esimo dell'Unità d'Italia. Che patriota è Pinocchio? Uno che marina la scuola, va in prigione, evita il servizio militare e se ne fugge nel paese dei Balocchi, quintessenza del disimpegno? E che tipo di italiano propone se non il poveraccio che tenta di fare il furbo e non combina niente? Ribatte qualcun altro - come ricorda la prefazione al bel volume che costa 16 euro per il volgo («prezzo politico, ma qua siamo in politica», gigioneggia Dell'Utri) mentre è in tiratura limitata e non in commercio della versione firmata dal Cavaliere - che Pinocchio è l'arte d'arrangiarsi, il povero che si riscatta. Il parvenù incarnato alla fine nel bambino giudizioso (e noioso) che non può non avere successo. E l'utopia? Parte da qui un ping pong apparentemente casuale. Attacca Mauro Nasti, «pinocchista» e prof di logica: «Che sia un classico dell'utopia lo dimostra il gorilla magistrato con gli occhiali senza lenti che sbatte in galera il burattino derubato delle monete d'oro. Insomma, l'utopia è la critica di ciò che è e la rappresentazione di ciò che dovrebbe essere. E allora, si invererà mai l'utopia di giudici onesti e competenti?». Rilancia Armando Torno, ora al Corsera e prima responsabile del Domenicale del Sole 24 Ore: «Nella condanna dell'innocente Pinocchio non c'è logica. Ma si badi bene, io faccio solo esegesi collodiana». Di altro parla poi Torno. Della venerazione che Prezzolini ebbe per Collodi «in un'Italia che stava per diventare bigotta anche con il laicismo, e ora ne vediamo le conseguenze». Della vendetta dell'autore toscano contro i piemontesi. «Loro dipingevano il Sud conquistato come il paese della Cuccagna, dove potevano gozzovigliare a piacere. Lui fa diventare somari quanti finiscono nel paese dei Balocchi». Insomma, «denunciamo i difetti dell'Italia ristampando un classico. Ma il lieto fine suggerisce che l'Italia, piaccia o no agli stranieri, è un Paese straordinario». Incalza Nasti: «In Pinocchio c'è il mondo alla rovescia». Sussurra celiando Dell'Utri: «Non parliamo di P3». Poi il senatore conclude: «Abbiamo pubblicato un grande libro. E non ascoltate i cretini che vogliono attualizzarlo per forza».

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