Malaparte uno straniero a Parigi La biografia di Serra nell'edizione francese sul profeta della decadenza dell'Europa
Questosingolare Journal, egli pensò di pubblicarlo in Francia, come si desume da una breve frase: «Scrivo questo giornale perché sia pubblicato non nel mio Paese, che non ha abbastanza spirito per capire e apprezzare certe cose, ma in Francia». Purtroppo, Malaparte non riuscì nel suo proposito e il Diario di uno straniero a Parigi apparve in italiano, molti anni dopo la sua morte, a cura di Enrico Falqui. Adesso Malaparte non è più uno straniero a Parigi, in questa città che egli tanto amò e dove più volte si trovò a soggiornare. Non è più uno straniero perché, proprio in questi giorni, esce per i tipi di Grasset la più ampia, documentata e acuta biografia che gli sia stata mai dedicata. L'opera intitolata Malaparte. Vies et légendes (pp. 640, Euro 23) è stata scritta, espressamente per il pubblico francese, da Maurizio Serra, attualmente ambasciatore d'Italia presso l'Unesco e intellettuale finissimo. Vi sono certo, rispetto alle altre biografie malapartiane, precisazioni e puntualizzazioni importanti, ma, soprattutto, vi è una chiave di lettura nuova che insiste sulla dimensione europea della personalità dell'autore di opere celebri in tutto il mondo come la Tecnica del colpo di Stato o Kaputt o La pelle. Per Maurizio Serra, infatti, Malaparte può essere visto e interpretato come un profeta della decadenza dell'Europa di fronte all'espansione di potenze globali come l'Unione Sovietica, gli Stati Uniti e la Cina e di fronte, ancora, alle grandi ideologie di massa come il fascismo, il comunismo, il terzomondismo. Si tratta di un aspetto, questo privilegiato da Serra, troppo spesso messo in ombra dalla facile (ma ingannevole) lettura di un Malaparte «arciitaliano» o «strapaesano» o «toscanaccio» che dir si voglia, abituato a menar le mani in tempi di squadrismo fascista ma pronto a cambiar casacca col mutar delle situazioni. Questa lettura, anzi, si è cristallizzata e ha finito per alimentare la leggenda di un Malaparte naturalmente e costituzionalmente camaleontico, grande scrittore ma legato alla sua toscanità, geniale ma senza principi, esteta raffinato e gaudente. Niente di più sbagliato in questo ritratto stereotipato. Malaparte fu davvero un protagonista di statura europea della cultura del Novecento e delle vicende, intellettuali e politiche, che segnarono la prima metà del secolo. Le pagine di Malaparte debbono essere lette in controluce. C'è in esse un che di criptico o di iniziatico, soprattutto laddove spunta l'ironia pungente e talora beffarda di un uomo che spesso diceva celiando cose serie e gravi. La sua penna, irriverente e impietosa, lasciava il segno. Ne fece le spese anche Mussolini. Durante gli anni «strapaesani» del fascismo, Malaparte compose la Cantata dell'Arcimussolini, quella, per intenderci, del celebre ritornello: «Spunta il sole e canta il gallo/ o Mussolini monta a cavallo». E fu sempre lui, qualche anno dopo, dietro sollecitazione di Piero Gobetti, a scrivere il Don Camaleo, romanzo sottilmente allusivo, che ha per protagonista un camaleonte, simbolo della furbizia che si fa politica. E fu ancora lui, Malaparte, dopo la fine del regime, a lanciare strali contro l'Italia democratica: «La repubblica è un povero artificio:/ è nata male e vive tra i becchini./ È una specie di Stato pontificio/ quale lo concepiva Mussolini». Dal fascismo all'antifascismo, dunque. Eppure, malgrado le apparenze, Malaparte non fu un camaleonte. Quest'uomo - che Piero Gobetti definì «il più forte teorico del fascismo» - ebbe, come Gobetti, una tempra di intransigente moralismo rafforzata da scetticismo e ironia. E, proprio come Gobetti, vide in Mussolini il traditore della rivoluzione, un uomo cioè capace di piegarsi ai compromessi per obbedire alle dure leggi della politica. Grande intellettuale, Malaparte fu, per usare una sua immagine, l'uomo delle delusioni. Deluso dal fascismo, lo fu anche dal post-fascismo. Ma fu, soprattutto, un intellettuale - come ben dimostra il saggio di Maurizio Serra - di statura europea, un testimone lucido e impietoso della crisi del Vecchio Continente.