di DARIO SALVATORI L'arrangiamento questo sconosciuto.
Trattasidi lavoro molto complesso, strutturale, vera e propria sartoria della canzone, il momento in cui un brano entra in un modo e ne esce in tutt'altro. Per essere arrangiatori occorre possedere una padronanza teoria della musica assoluta, una conoscenza ampia degli sezioni e degli strumenti, una capacità armonica, sensibilità melodica e sviluppo ritmico. Billy Strayhorn è stato per anni l'arrangiatore di Duke Ellington, non è mai salito su un palcoscenico, ma ha conferito a quell'orchestra la vestizione e la magnificenza di un repertorio di cui ancora ne godiamo. Quincy Jones, cambiando epoca, ha fatto si che le canzoni di Michael jackson potessero essere cantate e ballate anche da un pubblico bianco, grazie ad un uso sapiente dell'"off beat" e dell'esasperazione dei "break". Si dirà che siamo in presenza di genialità assolute. Vero. Ma parlare di arrangiamento quando non si possiedono i minimi canoni di struttura musicale, orchestrale, di lettura e scrittura musicale, riesce difficile capire di cosa parliamo. Eppure sono tutti arrangiatori; da Renga a Jovanotti, da Vecchioni a Zucchero. Qualcuno di loro è in grado di strimpellare uno strumento e allora? Arrangiamento e orchestrazione sono pratiche che non prevedono nemmeno il "controllo" strumentale, quasi sempre al piano. L'arrangiamento non si scrive davanti ad uno strumento, bensì seduti alla scrivania. La riflessione nasce dopo aver ascoltato le canzoni dei 150 e il modo in cui sono state riproposte. Diciamocelo, sarebbe stato meglio lasciarle com'erano. "Il cielo in una stanza", "La ballata di Sacco e Vanzetti"(Tony De Vita ed Ennio Morricone gli arrangiatori originari) le più devastate. Discreta ed essenziale "Il mio canto libero", più che buona "La notte dell'addio" con la cura Battiato. Dispiace che il suo autore, Memo Remigi, l'abbia ascoltata in un letto d'ospedale in seguito all'incidente in cui è stato coinvolto. Inaccettabili, inadeguati e anche un po' ridicoli tutti gli altri arrangiamenti, dove l'accezione del termine va intensa non nel senso musicale.