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Un Festival da paura

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Belen Rodriguez e Gianni Morandi

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SANREMO Un Festival «de paura». Hanno un bel dire che sono solo canzonette, che comunque vada sarà un successo. Qui tutti segretamente imprecano contro gli Dei della politica, che hanno messo la macchina sanremese sulla curva cieca dell'audience. Insomma, si fiuta nell'aria che da un momento all'altro, sul viaggio per l'audience, tutto l'ambaradam rivierasco potrebbe essere travolto dalle breaking news giudiziarie, con il Paese incollato alle sorti del Cavaliere, mica allo zumpapà dell'Ariston. E dopo aver messo sul piatto dell'investimento una sessantina di milioncini, la Rai si attende un ritorno di ascolti fragorosi, che non scontenti gli inserzionisti, già preoccupati per gli impatti frontali contro i vari "Ballarò", "Annozero", le partite di Champions e per soprammercato la controprogrammazione Mediaset, che nel weekend sparerà "Zelig" e "La Corrida". Si affida al Fato il direttore di Raiuno Mazza: «Speriamo che il Festival sia l'evento mediatico della settimana». Si incupisce il suo quasi omonimo direttore artistico Mazzi: «Il Real Madrid costruì una squadra di tutti campioni per vincere, poi non ci riuscì». Morandi: «Nel dubbio ci tocchiamo». Dietro al Giberna. Di solito il capitano è quello che dà fiducia alla truppa. Ma il buon Gianni, pur essendo abituato a macinare chilometri e a frequentare i palchi che contano sin dal Secondo Dopoguerra, non è un mattatore. Non ha la verve di quel satanasso di Bonolis, né indossa lo zinale da cuoca burrosa della Clerici. E alla solenne conferenza stampa lo vedi deglutire, simulare ottimismo, dispensare pacche sulle spalle ai compagni d'avventura. Finché non si lascia scappare frasi inconsciamente rivelatorie. Tipo: «Siamo arrivati agli esami, e ora abbiamo la testa confusa», «La squadra è unita e lo sarà fino a sabato», oppure «La Rai vuole vincere 4-0, mica 1-0, ma sono pronto per qualsiasi risultato, nel caso faremo autocritica e ce ne andremo a casa». Infila un paio di mezze gaffe quando presenta le sue girls: dopo aver ringraziato la Canalis, provata dal lutto familiare ma di suo già legnosissima, Gianni incensa Belen, definendola «bellissima, straordinaria. E brava». Il confronto tra l'argentina e la sarda è già impietoso. Siamo donne. Gli chiedono, inopitamente: «Se tu non fossi uomo saresti andato alle manifestazioni di domenica?». Morandi se la cava: «Sarei stato in prima fila, e comunque di uomini ce n'erano tantissimi». Eccolo, il ragazzino che cantava alla Casa del Popolo. In questo, più spigliato delle due soubrette. Canalis: «Le donne si sono divise su questa iniziativa? Io non avrei preso parte, non ce n'era bisogno». Rodriguez: «Mi hanno appena accennato all'argomento. Di ragazze senza valori ce ne sono ovunque, è un fatto di educazione alla base». Poi difende la sorella Cecilia, spuntata nelle intercettazioni in cui Corona avrebbe avuto un altercuccio con un malavitoso, a proposito di certe presunte disponibilità della cognatina. Spiega Belen: «È un malinteso, Cecilia non si tocca, è una ragazzina di vent'anni al suo primo fidanzatino». Intanto la Rai ha strappato il contratto di partecipazione della ragazza a un programma. Rivalità. Le due sirene morandesche fingono di sopportarsi, mentre, a rigor di comunicazione, dovrebbero giocare sull'elettricità, sui nervi scoperti, sull'antipatia strisciante. Anche gli organizzatori del Festival non gradiscono si monti la panna sul gossip, su Corona o Clooney. Errore tattico. Se gli ascolti non dovessero andare a gonfie vele, vedrete come si dovrà montare la panna acida del pettegolezzo trash-pop. I comici. Sdrammatizza Luca Bizzarri: «Oggi è San Valentino, festa nazionale dei fioristi di Arcore». Ciurla nel manico il sodale Paolo Kessisoglu: «I nostri testi? Sono coperti dal segreto, li abbiamo mandati ad Assange. Morandi e Mazzi non li hanno letti». Gli interventi saranno sull'attualità: all'Ariston vola (si fa per dire) lo spettro del Bunga Bunga, e se da Palazzo di Giustizia dovessero arrivare certe notizie, eccetera. Giovedì poi, nella serata per l'Unità d'Italia, potrebbe materializzarsi (complicata trattativa ma in piedi: la Rai e il superagente Lucio Presta troveranno l'accordo rischiando che Roberto giri il mestolo su Berlusconi? Il televoto. Mazza fa sapere che, dopo i sospetti di pastetta dello scorso anno, stavolta (complice la pressione dell'AgCom e dei consumatori) i trucchi telematici potrebbero provocare la squalifica dei cantanti. A rassegna conclusa, però. C'è poi il problema dell'orchestra, che ha diritto al voto (segreto, e con efficacia percentuale): ma molti dei musicisti lavorano con gli artisti in gara. Imparzialità garantita? Chissà. Quanto a noi giornalisti accreditati, dopo le mille polemiche delle edizioni passate, stavolta ci omaggiano con una "golden share". Il cantante indicato dalla Sala Stampa scalerà tre posizioni nella serata finale: per dirla semplice, se si sarà classificato dal quarto al sesto posto, entrerà di diritto nella terna di candidati alla vittoria, con televoto a quel punto azzerato. Ma a poche ore dal via, l'organizzazione non ha ancora deciso su come farci esprimere: un voto a testa o uno per ogni giornale? Servirebbe una modifica costituzionale, dicono. Trasparenza, innanzi tutto.

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