di ANTONIO ANGELI Gli ingrati sono come uno tsunami: non hanno riguardo per nessuno, travolgono cose e persone lasciando dietro di loro tremendi e immotivati sfaceli.
Faredel bene così, senza pensarci, è un'azione che avrà, con matematica sicurezza, delle ripercussioni nefaste sul benefattore stesso. Per dare ed amare bisogna avere una sorta di «patente», perché la storia ci insegna che si rischia grosso a dire cose giuste, nonché a farle, tirando fuori la gente da terribili pasticci (nei quali si era magari infilata da sola). Spargete pace e amore? Farete la fine di Socrate, con la coppa di cicuta in mano. E i benefattori che si ritrovano travolti dall'ingratitudine, dal rancore, se non addirittura dalla vendetta di coloro per i quali si erano fatti in quattro, non si stupiscano di quello che gli accade. Dall'età della pietra all'epoca dei lumi, da Sant'Agostino a Picasso l'ingratitudine non è l'eccezione, ma la regola. Ha lavato, stirato e messo in vetrina questa tragica (ma anche un po' comica) realtà la psicologa più amata dagli italiani: Maria Rita Parsi con il libro: «Ingrati - La sindrome rancorosa del beneficato», Mondadori, 244 pagine, 17,50 euro. L'autrice affronta con le pinze quest'argomento che, evidentemente, le riserva, un po' come a tutti, qualche dolore autobiografico. Ci svela che dopo aver fatto del bene a qualcuno, che poi si è rivelato ostile e rancoroso, i sentimenti che vengono naturali sono lo stupore, l'indignazione, il dolore. Ma stupore di che? Si domanda la Parsi. Solo i principianti della vita fanno del bene e si aspettano del bene. I benefattori si meritano i maltrattamenti che ricevono perché la vita, quella vera, non è una favoletta e va così. L'autrice la prende alla lontana, si rivela studiosa della Bibbia, storica e antropologa. La prima ingratitudine documentata la troviamo nel Paradiso Terrestre. Dio non aveva forse dato tutto a quei due scellerati di Adamo ed Eva? In cambio non aveva solo chiesto che non mangiassero i frutti di uno, dico uno, dei tantissimi alberi di quel giardino?. E come si comportarono quelli? Con ingratitudine. La Parsi non si rassegna al fatto che di quell'azione sciagurata, che precipitò nel dolore l'intero genere umano, la responsabile sia una donna. Per questo sostiene che il serpente tentò Eva perché era più intelligente di Adamo. Insomma la donna sbagliò perché era geniale, invece quel pigraccio dell'uomo era talmente tonto che neanche si sarebbe mangiato la mela. Ma queste sono questioni da poco... il punto centrale è che la riconoscenza, dai tempi più antichi, non è un sentimento naturale, l'ingratitudine invece... «Ingrati» affronta in modo scientifico il problema: si parte, idealmente, dalla massima studiosa del settore: Melanie Klein, celebre psicanalista vissuta a cavallo tra l'800 e il '900 che al crepuscolo della sua vita, nel 1957, scrisse «Invidia e gratitudine». «Sono giunta alla conclusione - afferma la studiosa - che l'invidia sia uno dei fattori che maggiormente mina l'amore e la gratitudine alle loro radici, perché essa colpisce il rapporto più precoce, quello con la madre». Eccola l'origine, naturalissima, dell'ingratitudine, un sentimento che accompagna il genere umano e ogni suo singolo componente sin dalla culla. Il libro di Maria Rita Parsi è un piccolo gioiello: un po' saggio, un po' raccolta di racconti, nel quale sono narrate molte storie di ingratitudine. Come quella di Melina, con il viso devastato da un tremendo incidente automobilistico. Ma, tra tanti che allargano le braccia, troverà un medico che, con pazienza e senza chiederle soldi, le darà un nuovo viso. Nuovo, non quello che aveva prima e per questo invece di ringraziarlo odierà quel medico. Il libro è arricchito da un gran numero di citazioni, a testimonianza che l'ingratitudine è... cieca. Ha colpito tutti. «Regalate il denaro, non prestatelo - ammoniva Leonardo da Vinci - Regalare non crea che degli ingrati, prestare crea nemici».